mercoledì 28 agosto 2019

28 agosto 1915: Antonio Depoli e i fanti della Brigata "Valtellina" a Santa Lucia di Tolmino



In uno dei primi articoli pubblicati su questo blog, ormai quattro anni fa, abbiamo raccontato – prendendo spunto dal ritrovamento di alcune medaglie - la breve storia di un giovane ufficiale genovese: Carlo Balestrero, sottotenente del 26° Reggimento fanteria della Brigata "Bergamo". Ancora, esattamente un anno fa, vi abbiamo narrato le vicende del capitano Paolo Ballatore, del 111° Reggimento della Brigata "Piacenza". Oggi, grazie al recupero di altri cimeli, vi racconteremo invece la vicenda di Antonio Depoli, che si consumò negli stessi giorni di quella del Ballatore, e negli stessi luoghi di quella del Balestrero.

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La nostra storia prende le mosse da un ritratto fotografico, inserito in una bella cornice dorata, e ritrovato insieme ad un vecchio berretto militare, sporco e polveroso. Lo stesso berretto che si vede, abbastanza distintamente, nella foto stessa.


Il ritratto fotografico da cui prende le mosse questo articolo (coll. dell'A.).


Dettaglio del ritratto fotografico (coll. dell'A.).
 Con un veloce restauro, riconsegniamo al copricapo - un berretto da sottotenente di fanteria secondo il modello disciplinato nel 1895 e confermato nel 1903 - la sua forma originaria, e un certo decoro.

Il berretto, rimesso in forma e ripulito (coll. dell'A.). 
In ultimo, con una non breve ricerca, e tanta fortuna, riusciamo infine a risalire al nome del giovanotto ritratto in foto: si chiamava Antonio Depoli. Nel prosieguo cercheremo di raccontarvi qualcosa di lui.
*


Antonio Depoli [1] nacque a Milano il 28 aprile del 1893. I suoi genitori erano Pietro Depoli, di professione imprenditore, e Carolina Anolari, di condizione agiata. Prima di Antonio, essi avevano già avuto un altro figlio, Giovanni, nato nel 1891. La famiglia risiedeva in una palazzina di Via Montevideo, in zona Porta Genova. Nell'autunno del 1900, la vita famigliare fu funestata dalla morte del capofamiglia, e pertanto i due ragazzi dovettero crescere accuditi dalla sola madre Carolina.
Il giovane Antonio, svolti gli studi inferiori, conseguì il diploma. Dopodiché s'iscrisse, con molta probabilità, alla Scuola di Telegrafia istituita a Milano dal Ministero delle Poste e Telegrafi.

In quegli anni, infatti, lo sviluppo e l'amplissima diffusione delle comunicazioni telegrafiche si scontrava con la carenza di personale specializzato nell'utilizzo di tali apparecchi. Pertanto, furono istituite, in numerosi capoluoghi di provincia, delle "Scuole di telegrafia teorico-pratica", con lo scopo di istruire i nuovi quadri del personale postale. Conseguentemente, l'accesso al concorso da "alunno postale e telegrafico" – che costituiva il primo gradino della carriera da funzionario postale – fu appunto subordinato alla previa frequenza delle scuole di telegrafia.

L'alunnato postale e telegrafico costituiva, come detto, un periodo di lavoro e tirocinio, propedeutico alla nomina a "ufficiale" nei ruoli delle Regie Poste e Telegrafi. A tal fine, gli alunni postali avevano in particolare l'obbligo di svolgere "l'istruzione teorico-pratica sull'apparato telegrafico Hughes", che costituiva necessario requisito per il proseguimento della carriera postale.
Tale dovette essere, pertanto, anche il percorso di Antonio Depoli: questi, dopo aver ben frequentato la scuola di telegrafia di Milano, partecipò dunque al concorso per alunno postale bandito, probabilmente, nei primi mesi del 1913.
Nelle more della pubblicazione dei risultati del concorso,  nel giugno del 1913 il nostro fu chiamato al reclutamento nel Regio Esercito [2]. Presentatosi dunque al Distretto Militare di Milano, fu destinato a frequentare i corsi per allievo ufficiale di complemento, che sarebbero iniziati al termine di quell'anno. Il foglio matricolare ce lo descrive alto 1,69 m, dai capelli castani ondati, di colorito pallido.
Rinviato dunque in congedo, Depoli ritornò al proprio lavoro sino al successivo mese di dicembre. In data 31 dicembre 1913, infine, lasciato il telegrafo, Antonio Depoli fu arruolato.

Benché le sue competenze tecniche ne facessero un prezioso elemento per l'arma del Genio – in seno alla quale si stava sempre più sviluppando la specialità dei telegrafisti – Depoli fu assegnato alla fanteria di linea. In particolare, fu destinato al 92° reggimento della Brigata "Basilicata", con sede a Torino.
Pochi giorni dopo il suo arrivo al reparto, con decreto del 20 gennaio 1914 [3], Depoli ottenne la sospirata nomina ad alunno postale, presso la Direzione provinciale delle Poste e Telegrafi di Milano. Per ironia della sorte, la nomina aveva effetto dal 15 dicembre precedente: pertanto, al giovane funzionario sarebbero stati conteggiati solo quindici giorni di servizio prima di essere posto in aspettativa per servizio militare.

Nel frattempo, si diceva, Depoli raggiunse il proprio reggimento a Torino. Qui svolse l'addestramento di base e, il 31 marzo, ottenne la promozione al grado di caporale. Quattro mesi dopo, ancora, fu promosso al grado di sergente e trasferito al 24° reggimento della Brigata "Como", con sede a Novara. Il suo foglio caratteristico, compilato in tale periodo, ce ne lascia il ritratto che segue.

Fisicamente si presentava di "statura m. 1,69, robusto, discretamente svelto". Sotto il profilo intellettuale, "comprende con facilità gli ordini che riceve. Ha intelligenza normale". Circa le sue qualità morali, "è di indole buona, ha cuore ed è sensibile agli ammonimenti ed ai rimproveri". Il contegno era "in servizio e fuori servizio ottimo".

Con l'autunno – in forza di un Regio Decreto dell'8 novembre - arrivò anche la sospirata nomina al grado di sottotenente [4]. In tale data, Antonio Depoli fu dunque destinato al reparto alle cui vicende avrebbe infine intrecciato la propria vita: il 65° Reggimento Fanteria della Brigata "Valtellina", presso il quale avrebbe dovuto prestare il servizio di prima nomina.



Bella cartolina illustrata della Brigata "Valtellina".
La cartolina fu disegnata nel 1906 da un ufficiale già incontrato in questo blog:
l'allora tenente Elio Ferrari, poi destinato a una brillante carriera, nonché all'eroica morte in guerra, nel 1917.


Per Depoli, milanese, l'assegnazione al 65° dovette probabilmente costituire una soddisfazione: il reggimento aveva infatti sede nella vicina Cremona e, data la lunga permanenza nella regione (precedentemente, era stato di stanza a Como), contava molti ufficiali effettivi lombardi.
Depoli, fresco di nomina ad ufficiale del Regio Esercito, fece dunque ciò che i suoi coetanei facevano nelle identiche circostanze: corse a farsi confezionare l'uniforme turchina. Mentre, infatti, il corredo in tessuto grigioverde era fornito dall'intendenza, quello in panno turchino - nel modello disclipinato nel 1903 -, pur obbligatorio, era di acquisto privato. Il baldanzoso sottotenente scelse dunque di rivolgersi alla premiata sartoria "Giacinto Cesati & figli", una delle più prestigiose sartorie militari di Milano.

Berretto da s.ten. del 65° Regg. Fanteria Brigata "Valtellina" appartenuto a Antonio Depoli (coll. dell'A.).
Si consideri che la tenuta turchina, scenografica ed elegante, era infatti utilizzata sia quale grande uniforme sia quale uniforme da società [5]. La giubba a doppiopetto, le scintillanti spalline metalliche, la sciarpa blu Savoia, costituivano infatti il perfetto look per far colpo sulle giovinette di buona famiglia del centro di Milano. Nonché l'abbigliamento ideale per farsi scattare delle belle foto ricordo.
Ritratto da studio del s.ten. Antonio Depoli in grande uniforme
(rielaborazione da foto tratta dal fascicolo personale digitalizzato, archivio MCRR)
La fine del 1914, in un momento di estrema fibrillazione in tutta Europa – in larga parte già scossa dalla guerra – fu dunque trascorsa da Depoli nella placida provincia lombarda. Il nuovo anno 1915, tuttavia, avrebbe portato, nel giro di pochi mesi, cambiamenti radicali anche per il giovane ufficiale milanese.

La mobilitazione


Senza ripeterci eccessivamente – per approfondimenti rimandiamo all'articolo su Carlo Balestrero – ricorderemo qui che l'ordine di battaglia del Regio Esercito prevedeva che la Brigata "Valtellina" costituisse, insieme alla Brigata "Bergamo", la 7^ Divisione di linea [6]. Questa era assegnata al VI Corpo d'Armata, a sua volta inquadrato nella Seconda Armata. Con il mese di maggio, secondo i piani di mobilitazione, la Brigata "Valtellina" fu trasferita verso il confine con l'Impero Austro-Ungarico, dislocandosi nell'alta valle del Judrio.

Varcato il confine, nella fatidica giornata del 24 maggio, la brigata si schierò di fronte a quello che sarebbe stato l'obiettivo dei suoi sanguinosi sforzi per i due anni successivi: la piazzaforte di Tolmino. Di fronte alla cittadina di Tolmino, sulla riva occidentale dell'Isonzo, si ergevano infatti due modesti rilievi: il colle di Santa Maria (in sloveno, Mengore), e quello di Santa Lucia (in sloveno, Cvetjie).

"Le due colline di S. Maria e S. Lucia sono nell'interno dell'ansa che l'Isonzo descrive in prossimità di Tolmino, ed occupano l'area triangolare determinata dai due rami dell'Isonzo rispettivamente a nord e a sud del punto di flessione e dal solco pel quale passa la rotabile che da Volzana raggiunge la sponda destra dell'Isonzo in prossimità di Selo. Le colline di S. Maria e di S. Lucia hanno ciascuna la base a forma pressoché ellittica, quella di S. Maria - a nord - ha l'asse maggiore orientato nel senso dei paralleli, quella di S. Lucia - a sud - ha l'asse maggiore orientato da N.E. a S.O., e le due dorsali hanno lo stesso andamento degli assi accennati. Nella loro attaccatura le due colline formano l'avvallamento aperto fra Kozarsce, sbocco ovest e Modrejce, sbocco est; e le posizioni marginali delle due colline costituivano nel loro complesso una tanaglia ad angolo ottuso, col vertice a Kozarsce." [7]

Gli Austro-Ungheresi, consci dell'importanza strategica del luogo, avevano provveduto a fortificare, già ben prima dell'entrata in guerra dell'Italia, entrambi i rilievi. Essi, con le opere fortificate circonvicine, costituivano la c.d. "testa di ponte di Tolmino".
Medaglia reggimentale del 65° Regg. Fanteria della Brigata "Valtellina" (coll. dell'Autore).
Al centro, lo stemma della città di Sondrio.
La Brigata "Valtellina", dunque, raggiunse l'Judrio alla vigilia della dichiarazione di guerra. Il Comando della Seconda Armata, frattanto, aveva affidato al IV Corpo d'Armata il compito di agire su Tolmino. In quest'ottica, fu ordinato il concentramento della 7a Divisione intorno al villaggio di Kambresco. Indi, all'alba del 4 giugno, dunque, la 7a Divisione (Brigate "Bergamo" e "Valtellina") iniziò il proprio movimento offensivo: mentre la "Valtellina" svolgeva un attacco dimostrativo contro i villaggi di Canale e Bodrez, la "Bergamo" occupava il costone Cemponi-Krad Vhr, assumendo la fronte dalle pendici del Monte Jeza sino a Doblar.

L'azione, nel settore, riprendeva due settimane dopo, nel quadro della Prima battaglia dell'Isonzo. Alla 7a Divisione, stavolta, era affidato il compito di sorvegliare la sponda destra dell'Isonzo in corrispondenza del Kolovrat, e, inoltre, di svolgere "azioni dimostrative" contro le alture di Santa Maria e Santa Lucia, per tenere impegnato il nemico. La preparazione d'artiglieria di svolse tra l'1 e il 2 di luglio, mentre l'attacco delle fanterie doveva svolgersi il giorno 4. Il sottotenente Antonio De Poli si trovava al comando di uno dei plotoni della 1a compagnia del I battaglione del 65° reggimento.

Nella notte sul 4 agosto, l'ala sinistra della Brigata "Bergamo" assaltò il villaggio di Kozarsce, mentre reparti della Brigata "Valtellina" effettuavano un'azione di sorpresa: in particolare, il 66° reggimento e il I battaglione del 65° attaccarono il nemico fra Ponte San Daniele (sulla strada Volzana-Tolmino) e Kozarsce. Tuttavia, lo slancio dei nostri fanti si arrestò contro le munite posizioni nemiche, e soltanto il II/66° riuscì, di sorpresa, ad occupare una trincea nemica sulle pendici nord-ovest di Santa Maria ed a mantenervisi, malgrado i contrattacchi avversari.
Circa il contegno dei fanti del 65° nella giornata del 4, si noti che il comandante del I battaglione, il maggiore cav. Alessandro Vanzetti - da Verona -, fu decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con questa motivazione:
"Diresse con intrepidezza e sangue freddo l'attacco del battaglione a trincee nemiche" - Santa Maria (Tolmino), 4 luglio 1915
Nella stessa, luttuosa giornata, restò ucciso anche un baldanzoso ufficiale milanese, Pietro Lanzi. Di lui, in quest'articolo, non diremo molto, intendendone parlare più diffusamente in altra sede: iscritto all'albo dei procuratori legali di Milano, sposato e padre di una bimba, già reduce della Guerra Italo-Turca, Pietro Lanzi era animato da un profondo spirito patriottico. Membro di lunga data e animatore del Battaglione Volontari "Sursum Corda", fondato dal mitico ten. colonnello dei bersaglieri Michele Pericle Negrotto, aveva aderito alla causa intervenista, partendo entusiasta per il fronte. Posto al comando di un plotone bombardieri del 65° Reggimento fanteria, il 4 luglio cadde, sotto il roccione di Santa Maria, colpito al volto durante l'ultimo sbalzo. Il suo cadavere fu ritrovato solo tre giorni dopo. Alla sua memoria fu conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare.

Il tenente Pietro Lanzi, del 65° Fanteria, caduto il 4 luglio 1915, MAVM alla memoria
(rielaborazione da foto tratta dal fascicolo personale digitalizzato, archivio MCRR).

Dato che l'azione notturna svolta il 4 agosto non fruttò risultati, fu stabilito di ritentarla nella giornata successiva, 5 agosto, da parte del solo 25° reggimento della "Bergamo". A sera, data la forte resistenza nemica, l'azione fu sospesa e le truppe ritirate dall'abitato di Kozarsce. Nello stesso tempo, il comando della 7a Divisione ordinò che anche la Brigata "Valtellina" riprendesse lo schieramento di partenza occupato prima del 4, dato che le posizioni nel frattempo raggiunte erano di difficilissimo mantenimento.


Le operazioni del mese d'agosto  


Le operazioni di giugno e luglio, pertanto, si erano concluse senza sostanziali progressi sulla fronte della 7a Divisione. Per la restante parte del mese di luglio vi fu, nel settore, una sostanziale sospensione dell'attività. Il 4 agosto, tuttavia, il comando del IV Corpo d'Armata diramava alle proprie unità gli ordini per una nuova azione offensiva sulla propria fronte, che avrebbe avuto per obiettivi – ancora una volta - Tolmino e la conca di Plezzo.

L'attacco contro Tolmino, articolato su tre direttrici, avrebbe visto ancora una volta la 7^ Divisione (allora comandata dal magg. gen. Franzini) impegnata contro le alture di Santa Maria e Santa Lucia. A fronteggiare le truppe italiane stava la 50a Divisione austro-ungherese, e in particolare, tra l'Isonzo e Selo, l'8^ Brigata da Montagna A.U..
Schizzo relativo alle operazioni della 7a Divisione nel settore di Tolmino tra il 14 e il 17 agosto 1915.
(dalla relazione ufficiale italiana, L'Esercito italiano nella grande guerra..., op. cit., vol. II, tomo I).


L'azione, concepita su "due movimenti", iniziò - contro l'obiettivo di Plezzo - la mattina del 12 agosto. Per l'azione contro Tolmino e le posizioni circostanti, si attese invece per altri due giorni, sino al giorno 14. In tale giornata, i reparti della "Valtellina" ritentarono l'attacco contro il colle di Santa Maria: l'operazione - durata sino al giorno 16 -, tuttavia, consentì, a prezzo di gravi perdite, soltanto di avvicinarsi al primo ordine di reticolati.
Particolarmente mortifera fu, per i fanti del 65°, la giornata del 16 agosto: tra i caduti di quel giorno  figurano, infatti, i comandanti del II e III battaglione del 65°, rispettivamente il maggiore cav. Benedetto Calabria - da Trani - (MAVM alla memoria) e il ten. col. Romano Romani (MAVM alla memoria, per le cui vicende rimandiamo ad altro nostro articolo). Ancora, resta ucciso il giovane sottotenente Enrico Lobefalo, da Salerno (MBVM alla memoria). 

Il ten. col. Romano Romani, comandante il III/65°, caduto il 16 agosto 1915, MAVM alla memoria.

 

Il sottotenente Enrico Lobefalo, del 65° Fanteria, caduto il 16 agosto 1915, MBVM alla memoria
(rielaborazione da foto tratta dal fascicolo personale digitalizzato, archivio MCRR).

Ulteriori tentativi furono rinnovati, sino ai giorni 21-22 agosto, dai battaglioni alternantisi a turno in prima linea, ma con scarsi risultati, data la forte efficienza delle difese nemiche.
Cadeva, il 21 agosto, anche il sottotenente Gaspare Tardivelli, del 66° fanteria, classe 1886, MAVM alla memoria.
Lo stesso giorno caddero, tra i tanti, anche valorosi uomini di truppa, tutti decorati di Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla memoria: tra questi, il soldato Luigi (o Domenico) Ardiani, da Novellara, del 66° fanteria; il soldato Oreste Canali, da Albinea, sempre del 66°; il soldato Giuseppe Cassinadri, da Carpineti, sempre del 66°; il caporale Angelo Cavanna, da Forotondo, del 65° fanteria; il soldato Giuseppe Fornasari, da Moglia (MN), del 66°; il soldato Dario Marazzi, da Vetto (RE), del 66°; il caporale Guido Negri, da Novellara, del 66°; il caporale Luigi Tirelli, del 66°; il soldato Giuseppe Vignoli, da Castelnovo de' Monti [8]. Questa lista di decorati è interessante perché denota un più pesante impegno offensivo da parte del 66° reggimento, rispetto al gemello 65°, in tali giornate.
Frattanto, il comando del settore fu assunto dal colonnello Eugenio De Maria, animoso comandante del 5° Reggimento Bersaglieri, giunto in zona a metà agosto. De Maria, osservando i risultati delle ultime offensive sferrate nel settore, aveva ben compreso che ulteriori azioni frontali, data la conformazione delle posizioni avversarie, fossero destinate fallire sanguinosamente.

Tuttavia, i comandi superiori esigevano il prolungamento delle operazioni, che dovettero dunque proseguire senza un'adeguata preparazione del terreno. La nuova azione fu, pertanto, pianificata già per il giorno 28 agosto.

La giornata del 28 agosto

L'azione avrebbe dovuto principalmente rivolgersi contro il fronte della Brigata "Bergamo", corrispondente al segmento meridionale dello schieramento della 7a Divisione. Si trattava, cioè, del tratto di fronte antistante alle posizioni del colle di Santa Lucia.
Si consideri, peraltro, che il colle presenta due punti sommitali corrispondenti l'uno alla Quota 590 (noto come Mrzli Vhr)  e l'altro alla Quota 588 (Selski Vhr).
In previsione di tale sforzo offensivo, fu richiamato in zona anche il III Battaglione del 65° Reggimento, costituito dalla 9a, 10a e 11a compagnia. Il battaglione, come accennato, dal 16 agosto era privo del comandante, dato che il precedente, ten. col. Romano Romani, era caduto in tale data.

Tuttavia, insieme ai fanti del III/65°, vi erano alcune aliquote del I battaglione del medesimo reggimento: tra queste, almeno la 1a compagnia del I/65°. Tra i comandanti di plotone di quest'ultima, come detto, c'era anche il nostro giovane ufficiale milanese, il sottotenente Antonio Depoli. Oltre a lui, anche un suo giovane collega, il sottotenente Emilio Angelini, il quale - benché nato a Barletta - era milanese come Depoli.

Secondo il piano concepito dal colonnello De Maria, il 25° fanteria avrebbe dovuto – agendo sulla sinistra - compiere un attacco dimostrativo verso nord, contro la linea ascendente dal rio Ušnik sino a Quota 588. Sulla destra, il 26° fanteria avrebbe dovuto agire contro il costone di Selo da quota 510 sino all'abitato di Selo, tentando di ampliare il tratto occupato durante i precedenti combattimenti.

Si era, dunque, nella prima mattinata del 28 agosto 1915. Le truppe italiane si trovavano – dobbiamo presumere – ancora sulle posizioni di partenza, in attesa dell'ordine di avanzata. Benché l'azione principale fosse stata pianificata per il pomeriggio, è tuttavia probabile che nella mattinata furono ordinate alcune azioni minori, con finalità diversive.

Come tale deve essere inquadrata l'azione della 1a compagnia del 65° Reggimento che, intorno alle ore 8, si preparò ad uscire all'assalto. La situazione era pericolosissima. Il nemico, in posizione sopraelevata e fortemente munita, aveva anche a disposizione numerose mitragliatrici. In quegli attimi concitati, chissà cosa passò per la mente del giovane sottotenente Depoli. Ce lo immaginiamo, nel volgere di pochi minuti, guardare i suoi uomini, sguainare la sciabola, e scavalcare il parapetto della trincea, avanzando verso il proprio destino.

Erano le ore otto e trenta. Così recita la motivazione della Medaglia di Bronzo che sarebbe stata conferita alla memoria del giovane ufficiale:
"Sotto il fuoco violento delle mitragliatrici nemiche, si slanciava, con bell'ardire, contro le trincee avversarie, incitando il proprio plotone, finché cadeva colpito a morte." – Santa Lucia di Tolmino, 2[8] agosto 1915

Antonio Depoli, colpito "alla regione del collo", si accasciò al suolo, spirando in pochi istanti. Così si concludeva la breve vicenda umana di questo giovane di ventidue anni; terminavano i suoi sogni, la sua carriera alle Poste e Telegrafi, la sua gioventù milanese ricca di speranze.
Raccolto dai suoi uomini e inizialmente inumato sullo stesso colle di Santa Lucia, il suo corpo sarebbe poi stato traslato, dopo la guerra, presso il Cimitero Monumentale di Milano, ove riposa tuttora, accanto al padre Pietro.
Nel frattempo, i bravi fanti del 65° continuavano ad accanirsi, invano, contro le posizioni austriache. L'assalto si sarebbe esaurito, infine, il giorno successivo, 29 agosto, portandosi via anche il sottotenente Angelini [9]. Questi, nato a Barletta ma cresciuto a Milano -  dov'era socio del "Circolo filologico milanese" -, ragioniere, era impiegato presso il Credito Italiano. Fu anch'egli decorato con la Medaglia di Bronzo alla memoria, con una motivazione singolarmente (o tragicamente) simile a quella relativa a Depoli:
"Sotto l'intenso fuoco di mitragliatrici nemiche, si slanciava, con bell'ardire, alla testa del suo plotone, contro le trincee avversarie, presso le quali cadeva colpito a morte." – Santa Lucia di Tolmino, 29 agosto 1915
Il sottotenente Emilio Angelini, del 65° Fanteria, caduto il 29 agosto 1915, MBVM alla memoria
(rielaborazione da foto tratta dal fascicolo personale digitalizzato, archivio MCRR).
Quanto ad Antonio Depoli, quel che ci resta di lui è poca cosa: un bel ritratto ovale, contornato da una cornice dorata. E poi, il suo berretto, giunto inaspettatamente sino a noi.
Ce lo vogliamo immaginare sulla testa del suo proprietario, in una bella giornata di sole, in una Milano splendente, un giorno di novembre di centocinque anni fa.


A cura Niccolò F.


P.S.: dedico questo modesto contributo al grato ricordo di Nazario B. che, un anno fa, mi aveva strigliato per qualche imprecisione nell'articolo sul capitano Ballatore; Nazario se n'è andato qualche mese dopo, ma gli insegnamenti che - pur indirettamente - mi ha trasmesso, in tema di uniformologia italiana, restano un suo grande dono.




NOTE
[1] Il cognome è riportato in maniera differente nei documenti di stato civile (Depoli) e in quelli matricolari (De Poli); nell'articolo si prediligerà la grafia Depoli.
[2] I dati relativi alla carriera militare di Antonio Depoli sono tratti dal fascicolo matricolare conservato presso l'Archivio di Stato di Milano, che si ringrazia per la cortese disponibilità.
[3] In G.U. n. 237 del 3 ottobre 1914.
[4] In G.U. n. 281 del 24 novembre 1914.
[5] L'istruzione sull'uniforme degli ufficiali del Regio Esercito approvata nel 1903 prevedeva, sinteticamente, che la grande uniforme fosse costituita dalla giubba a due petti in abbinamento al copricapo speciale per le armi e corpi che ne erano dotati (es. elmi e colbacchi per gli ufficiali di cavalleria) e al berretto per gli altri.
[6] Ordine di battaglia della 7^ Divisione di Linea al 24 maggio 1915: Brigata di Fanteria "Bergamo" (regg. 25° e 26°); Brigata di Fanteria "Valtellina" (regg. 65° e 66°); 21° Regg. Artiglieria da Campagna; VI Gruppo "Udine"/2° Regg. Art. Montagna; V Gruppo/1° Regg. Art.; 1^ Comp. Zappatori del 1° Regg. Genio; Servizi.
[7] L'Esercito italiano..., Vol. II, Tomo I, p. 302.
[8] I nominativi dei decorati sono tratti dal D. Lgt. 25 giugno 1916, Decimo elenco di ricompense al valor militare ai morti in combattimento o in seguito a ferite nella campagna di guerra 1915-1916.
[9] Segnaliamo qui che, dal riassunto storico della Brigata "Valtellina", risulta caduto il 28 agosto 1915 anche il s.ten. Salvatore Costa: si tratta, tuttavia, di un errore, dato che il s.ten. Costa morì, in realtà, il 17 marzo 1916. Ciò risulta, tra l'altro, dall'atto di morte, conservato nel fascicolo personale digitalizzato dal Museo Centrale del Risorgimento in Roma.




BIBLIOGRAFIA
  • Alliney Guido, La Testa di Ponte di Tolmino - Santa Lucia, da Aquile in Guerra, n. 23, 2015.
  • L'Esercito italiano nella grande guerra, Vol. II, vari tomi, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1929.
  • La Grande Guerra sulla fronte Giulia, O. Di Brazzano, Ed. Panorama, 2002.
  • Riassunti Storici dei Corpi e Comandi nella guerra 1915 - 1918 , Roma - Libreria dello Stato.
  • Database online dell'Istituto del Nastro Azzurro, http://decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org/



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