domenica 19 dicembre 2021

Dalla Russia alla Somalia: l'avventurosa carriera del gen. Bassano Secchi

Dopo la storia del generale Enrico Secchi, il suo ottimo ed omonimo nipote ci dona un altro prezioso contributo: stavolta, il protagonista sarà Bassano Secchi, figlio del generale Enrico, ed a sua volta destinato a una brillante quanto movimentata carriera militare nelle file del Regio Esercito prima, e dell'Esercito Italiano poi. Tale pubblicazione lo intende, peraltro, ricordare proprio nel centenario dalla sua nascita.

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Bassano Secchi nacque il 24 agosto 1921 a Como, dove il padre Enrico comandava la locale Compagnia esterna dei Carabinieri Reali.

Note storiche circa la famiglia Secchi

La famiglia Secchi, però, è originaria di Lodi e le prime notizie su di essa, tratte dall’Archivio Storico della Biblioteca Comunale della città, risalgono al XV secolo e si sintetizzano nelle seguenti:

“Famiglia antica di Lodi di Partito Guelfo. Si trova in parentela con varie Nobili Famiglie di Lombardia ed un ramo passò ad abitare anche a Milano.

Angela nel 1655 lasciò eredi le Orfane di Lodi d’ogni suo avere e una messa quotidiana in S. Francesco alla Cappella di Famiglia della B. V. di Caravaggio.

Ca’ de’ Secchi cascinale di loro fondazione sotto Senna.

Bertolino Canonico della Cattedrale di Lodi andò a Roma nel 1457 per incarico dei Deputati dell’Ospitale Maggiore che stavano costruendo onde ottenere conferma di privilegi e decreti d’annessione degli altri Ospitali dal Papa.” 

Alla fine del secolo XVIII, la Famiglia Secchi possedeva un consistente patrimonio immobiliare, ma i tre fratelli Secchi (Bassano, Angelo e Giacinto), entusiasti seguaci dei nuovi ordinamenti liberali, dovettero temere, per tale motivo, per la loro libertà ed incolumità personale. I due fratelli minori - Angelo e Giacinto -, quindi, decisero di abbandonare la loro bella Lombardia e di andare in Paesi più liberi e democratici. Pertanto, svenduto il loro patrimonio immobiliare in tutta fretta e diviso il ricavato in parti uguali, i due fratelli minori abbracciarono Bassano, dicendo che sarebbero emigrati in America, ma, poi, di loro non si ebbe più alcuna notizia.

Bassano (1790-1860), che non aveva voluto ad alcun costo lasciare la sua città e con una buona cultura umanistica e matematica, nonostante le difficoltà dovute alla restaurazione asburgica, riuscì a trovare il posto di Segretario ed Economo, presso il “Collegio delle Dame Inglesi”, fondato da una nobile dama venuta dall’Inghilterra, di nome, Lady Mary Hadfield Cosway. Bassano fece subito colpo sulla segretaria e dama di compagnia di Lady Cosway, Anna Elmi, appartenente ad una distinta famiglia di Foligno, per cui si sposarono ed ebbero nel 1827 un unico figlio di nome Francesco.

Francesco (1827-1874) studiò nel Collegio stesso delle Dame Inglesi, e incline alle arti e specialmente alla musica, fu fatto anche studiare presso valenti maestri dell’epoca. A venti anni, nel 1847, sposò Virginia Cavenaghi, appartenente ad una ricca famiglia di Crema, proprietaria soprattutto di immobili. Pochi mesi dopo il matrimonio, nel marzo 1848, Francesco, allevato dal padre nelle idee liberali, partì con altri patrioti per Milano, ove partecipò alla rivolta contro l’oppressore asburgico, combattendo durante le “cinque giornate” contro le truppe austriache del Maresciallo Radetzky e rientrando a Lodi solo dopo il pieno successo dell’insurrezione. Per questa sua partecipazione attiva alla prima guerra del Risorgimento, dopo il 1849, quando il governo austriaco ritornò in Lombardia, Francesco dovette subire ritorsioni da parte della polizia imperiale, ma ebbe la grande soddisfazione, nel 1859, di vedere la sua terra finalmente libera e riunita in un’unica Nazione, la tanto sospirata Italia. Francesco, a parte questi problemi di carattere politico, divenne un imprenditore, fra l’altro, nell’industria del teatro lirico, nel cui settore si distinse, ottenendo peraltro più soddisfazioni morali che materiali.

Ebbero cinque figli, ma un solo maschio Bassano (1860-1911), che, rimasto orfano del padre a soli tredici anni, si affiancò subito alla madre nella guida della famiglia, dove vi erano quattro sorelle da seguire e accollandosi, ancora da ragazzo, responsabilità da uomo. Conseguito il diploma di Istituto Tecnico, vinse per concorso un posto di funzionario nell’Amministrazione Comunale di Lodi, divenendo col tempo Capo Ufficio del suo settore. Bassano si sposò felicemente nel 1884 con Zaira Wilmant, proveniente da una ricca famiglia lodigiana di editori e patrioti. Tra i numerosi fratelli di Zaira vi erano Tieste Wilmant e, soprattutto, Vero Wilmant, destinato a una brillante carriera nel Regio Esercito.

Bassano Secchi e Zaira Wilmant ebbero due figli, Francesco, laureato in giurisprudenza, Segretario Generale degli Istituti di Beneficenza del circondario di Lodi e tenente di complemento d’artiglieria durante la prima guerra mondiale ed Enrico (1887-1963), che intraprese la carriera militare e partecipò alla guerra di Libia, alla prima e alla seconda guerra mondiale, divenendo generale di brigata dei Reali Carabinieri. Enrico, sposatosi con Francesca Moriondo, proveniente da una distinta famiglia di Asti, ebbe due figli di cui una femmina, Domitilla, e un maschio, Bassano, appunto.

Giovinezza e inizio della carriera militare

Bassano, che a causa dei numerosi trasferimenti del padre aveva avuto un trascorso scolastico un po’ travagliato, cambiando continuamente scuola tra Lucca, Lodi, Grosseto, Bologna, L’Aquila e Bari, nel 1935 giunse a Milano, dove venne iscritto al Regio Ginnasio “Giuseppe Parini”, ove frequentò, finalmente senza interruzioni, la Va Ginnasio e le tre classi liceali, dopodiché si iscrisse alla Regia Università degli Studi di Milano (allora dislocata in Via Torino) nella Facoltà di Giurisprudenza.

Il desiderio del padre era che esercitasse la libera professione, ma gli avvenimenti, che sconvolsero, non solo l’Italia, ma tutto il mondo, diedero a tali proponimenti una svolta completamente diversa. Nell’agosto 1939, infatti, scoppiò la Seconda guerra mondiale e, nel giugno 1940, anche l’Italia entrò nel conflitto. Bassano stava frequentando il II° anno di Università, quando il 1° marzo 1941 venne chiamato alle armi e destinato al 62° Rgt. Ftr. Mot. della D. “Trento” a Trento. La sua chiamata era seguita alla decisione del Governo di fare partecipare al conflitto subito gli Universitari della classe allora più giovane e, cioè, proprio il 1921. Tutti questi ragazzi dovevano diventare Ufficiali, ma il Corso Allievi, proprio per loro, venne modificato per poterli meglio preparare per i futuri compiti in guerra; il Corso venne portato da 6 mesi a 12 mesi, diviso in due fasi, la prima presso Reparti operativi e la seconda presso le Scuole di Specializzazione.

Verso la fine di marzo, venne formato un Battaglione Allievi che fu inviato a Vipiteno e inquadrato in un'unità della Guardia alla Frontiera (G.a.F., particolari truppe, con caratteristiche alpine, costituite allora per la difesa delle frontiere, specialmente sulle Alpi). Lo scopo di questo trasferimento era quello di formare il fisico degli Allievi alle fatiche della vita militare; perciò, oltre agli studi specifici, non mancarono: giornaliere esercitazioni di addestramento al combattimento con spostamenti, naturalmente sempre a piedi, in tutte le zone montuose circostanti; ginnastica atletica; continue esercitazioni di tiro con tutte le armi di reparto e individuali (mitragliatrici “Breda” e mortai da 45 e da 80 compresi) e, “dulcis in fundo”, ogni venerdì una marcia con partenza all’alba e rientro all’imbrunire, con zaino al completo e armamento. Alla fine di maggio, il Reparto si spostò a Bressanone (tappa a piedi, con tutto il bagaglio personale e tutto l’armamento sulle spalle), da dove cominciò il Campo mobile. La 2a Compagnia, alla quale apparteneva Bassano, fece soste di tre o quattro giorni ciascuna, a Rio di Pusteria, a Spinga e nella stessa Bressanone (naturalmente trasferimenti sempre a piedi). Il 15 giugno, conferito a tutti gli Allievi idonei fisicamente e previo esame sulle materie studiate (purtroppo, vi furono delle bocciature, accolte con molta delusione da parte degli interessati) il grado di Sergente Allievo Ufficiale, il Battaglione rientrò a Trento. Ai primi del mese di luglio, Bassano, a seguito di concorso per titoli, venne trasferito nel Corpo Automobilistico ed avviato ad un Corso di addestramento preparatorio per la specialità presso il 4° Autocentro di Verona, dove cominciò a conoscere meccanicamente e ad apprendere praticamente la guida di tutti gli automezzi allora in dotazione all’Esercito.

Il Corpo Automobilistico era stato costituito solo nel 1936, per gestire tutti i trasporti e, nel campo della motorizzazione, le riparazioni e i rifornimenti a favore di tutte le Unità dell’Esercito.

Bassano Secchi allievo ufficiale a Torino nel '41-'42.

Il 1° settembre, Bassano fu assegnato alla Scuola Allievi Ufficiali del Corpo di Torino, sita in Via Brione (poi sede della Ia O.R.E.), e dopo sei mesi di Corso, superati gli esami finali, fu nominato S.Tenente con anzianità 16 marzo 1942. Sotto la stessa data si presentava al 10° Centro Automobilistico di Napoli, dove prestò servizio per circa cinque mesi come Comandante di autosezione. Nel frattempo, dopo aver presentato ufficialmente domanda per essere inviato al Fronte, incominciò a premere insistentemente sul padre perché lo aiutasse a essere destinato in Russia, dove altri suoi colleghi ed amici erano già stati avviati. 

Benché naturalmente riluttante, il padre, sempre pressato da Bassano, si recò a Roma, al Ministero della Guerra, dal Direttore Generale degli Ufficiali, Generale Cappa, suo compagno di Accademia, che, con stupore e, nel contempo, con ammirazione per quella inconsueta richiesta, provvide a tale assegnazione. Così, il 22 agosto 1942, giunse il relativo dispaccio che destinava il S.Ten. Secchi al X° Autoraggruppamento di Manovra (Col. Montrucchio) - 60° Autogruppo (Magg. Mazzei e, poi, Ten. Col. Commento) - 253° Autoreparto Pesante (Capitano Falanga), operante alle dirette dipendenze dell’8a Armata schierata sul Fronte Russo. Partito da Napoli e dopo alcune soste presso i Distaccamenti di Brescia e di Piacenza del 3° Rgt. Autieri di Milano (i Centri Autieri avevano assunto la denominazione di Reggimenti, in quanto il Corpo Automobilistico sarebbe dovuto diventare Arma), ai primi di settembre, Bassano raggiunse il Comando sosta di Bologna, da dove, dopo una settimana, fu inviato a Verona; da questa città, verso la metà di settembre, partì con la tradotta militare per il Fronte Russo. Il viaggio iniziò sotto un diluvio, per cui, dopo una sosta a Trento, il treno dovette fermarsi a Bronzolo, a causa di una frana che aveva bloccato la linea ferroviaria. Dopo due giorni, riprese il viaggio, che seguì il seguente itinerario: Bolzano - Brennero - Innsbruck - Rosenheim - Salisburgo - Linz - Vienna - Bratislava - Leopoli - Kiev - Karkov - Millerovo.

La campagna di Russia

In quest’ultima località ebbe termine il tragitto ferroviario e tutti i militari trasportati furono smistati ai vari Reparti di appartenenza. Bassano, quindi, proseguì per Voloscilovgrad, dove si presentò al Comando del X° Autoraggruppamento. Dopo una breve sosta, raggiunse - al comando di una autocolonna diretta a nord, lungo l’itinerario: Certkovo - Kantemirovka - Rossohs, (lasciando pertanto l’Ucraina ed entrando proprio nel territorio russo) - il 253° Autoreparto, dislocato nel paese di Stojanovo-Blinskj, presso il capoluogo di Ostrogoshsk, a sud di Voronesh. La nuova sede si trovava a circa 80 Km a nord di Rossohs - dove era schierato il Corpo d’Armata Alpino (DD. Tridentina, Cuneense, Julia), ala sinistra dell’8a Armata Italiana - e a ridosso delle linee tenute dalle Unità Ungheresi e da Unità Tedesche. In questa sede, il 253° Autoreparto rimase fino all’alba del 16 gennaio 1943, giorno di inizio della ritirata. Durante questo periodo, il Reparto lavorò duramente con autocolonne continue in zone particolarmente sottoposte a bombardamenti aerei, ad infiltrazioni di elementi dell’Esercito Sovietico e a improvvisi attacchi di partigiani, in quanto le linee nemiche distavano soltanto qualche chilometro.
Cimitero di guerra italiano in Russia nel '42-'43.

Verso la fine di novembre del 1942, Bassano contrasse una dolorosa tendosinovite ad entrambi i talloni di Achille, che, risoltasi positivamente in breve tempo per quanto riguarda il piede sinistro, nel piede destro, malamente curato all’inizio, si trasformò in un principio di necrosi all’altezza del tallone stesso. Bassano, peraltro, non volle, come consigliato dai medici, essere ricoverato in un Ospedale Militare, poiché ciò avrebbe voluto dire lasciare il suo Reparto per chissà quanto tempo. Per fortuna trovò presso una vicina Unità un ottimo medico militare, valido chirurgo da civile, che sottopose la parte infetta della gamba ad un intervento, asportando, solo mediante un bisturi ed una speciale forbice (l’attrezzatura sanitaria in loco era molto precaria) e senza alcuna anestesia locale, la carne già incancrenita e portando allo scoperto la carne ancora viva. Ogni giorno, poi, si doveva provvedere a eliminare la parte che, ricrescendo, continuava ad infettarsi; in un primo tempo, sempre tagliando e, successivamente, quando l’azione cancrenosa incominciò ad attenuarsi, bruciando col nitrato d’argento. Comunque, Bassano, sia pur zoppicando, continuò, sempre contro il parere dei sanitari che temevano serie complicazioni e che pertanto insistevano per ricoverarlo in un ospedale, ad espletare i suoi compiti e, grazie alla grande medicina dei vent’anni, riuscì a guarire contro ogni pronostico!

Intanto, i giorni scorrevano e, nel dicembre 1942, incominciarono a pervenire notizie sull’avvenuto massiccio attacco delle Armate Sovietiche contro l’ala destra e il centro dell’8a Armata, che iniziavano a cedere.

Prigionieri russi scortati da truppe tedesche nel '42-'43.

La sera del 31 dicembre 1942, il Comandante dell’Autoraggruppamento (Col. Montrucchio) venne a cena presso la mensa Ufficiali del 253° e, al termine del pasto, nel brindare e fare gli auguri a tutto l’Autoreparto, al suo Comandante e agli Ufficiali, comunicò che, in caso di arretramento delle linee anche nella zona, al 253° sarebbe stato assegnato il compito di retroguardia, concludendo con una frase che si può così sintetizzare: “Al migliore Reparto l’onore dell’incarico più pericoloso”. Il 253°, infatti, grazie alle particolari qualità militari, morali e di carattere del suo Comandante, - che era riuscito a forgiare a sua somiglianza Ufficiali, Sottufficiali e Autieri - era considerato il Reparto di punta del X°. Comunque, l’incarico di retroguardia, dati i precedenti in materia, era da considerarsi, più che pericoloso, da disperati, ma tutti gli Ufficiali se ne sentirono orgogliosi. 

Dopo il 10 gennaio, la temperatura calò bruscamente, raggiungendo i 30/40 gradi sottozero e l’offensiva sovietica si scatenò contro le antistanti linee tedesche e ungheresi. Il 253° venne subito impiegato in appoggio alle Unità corazzate germaniche e il 13 gennaio due autocolonne cariche di carburante per la 227a Divisione corazzata tedesca, di cui una comandata proprio da Bassano, vennero attaccate da reparti motorizzati russi. 

Nostri mezzi bloccati nella neve nell'inverno 1942-1943.


Gli scontri furono brevi, ma violenti; i reparti sovietici, affrontati con estrema decisione, si ritirarono, le due autocolonne subirono le prime perdite in uomini e mezzi, ma i compiti previsti furono portati regolarmente a termine. Il 15 sera, iniziarono violenti bombardamenti aerei; venne dato subito l’ordine di approntare il 253° - ultimo Autoreparto, come previsto, rimasto a Ostrogoshsk - per la ritirata. Incominciò il carico delle ultime truppe rimaste a difesa della città; dopo mezzanotte, cessò l’attacco aereo ed entrò in azione l’artiglieria sovietica; Ostrogoshsk era ormai in fiamme e, alla luce degli incendi, il 253° continuava ad operare con calma, destreggiandosi tra macerie e caduti di tante nazionalità; i reparti nemici stavano ormai entrando nella periferia della città praticamente deserta. All’alba del 16 gennaio 1943 iniziò il ripiegamento, sicuramente la fase bellica più crudele, più dolorosa e più sanguinosa che un’Armata Italiana dovette mai affrontare durante tutto il conflitto.

Carro armato russo T34 catturato.
Il 253°, carico di uomini, di armi e di materiali, ripiegò a scaglioni; l’ultimo scaglione, con il Capitano Comandante e il S.Ten. Secchi, suo Ufficiale Addetto e V. Comandante, lasciò, verso le sei del mattino, la città quasi ormai distrutta, inseguito da nuclei di carri armati sovietici. Malgrado che venisse a lungo bersagliato da cannonate e raffiche di mitragliatrice, lo scaglione riuscì a sottrarsi al nemico e a riunirsi al resto del reparto; proseguirono perciò insieme, sotto continui bombardamenti aerei, lungo la linea di ritirata: Aleksievka, Budiennj, Valuiki, dove vi fu un violento e prolungato scontro con truppe siberiane e mezzi corazzati nemici e dove il Reparto, reagendo con tutte le proprie forze e con accanimento e riuscendo perciò a sganciarsi, subì fortissime perdite in uomini e mezzi. 

Mezzi e animali intrappolati nella neve.

Alle prime luci del 19 gennaio 1943 (ricorrenza di S. Bassano), i resti del 253° raggiunsero Karkov. In questa località, l’Autoreparto, sebbene decimato negli uomini e con il parco mezzi quasi distrutto, venne fermato dal locale Comando Italiano e, rinforzato con altro materiale, subito reimpiegato a sostegno della vicina zona di Kupiansk, già minacciata dalle forze nemiche. Ma anche Kupiansk cadde e i combattimenti si spostarono nella zona di Karkov, ormai sotto tiro delle artiglierie russe. 

Tramonto durante la ritirata.

Verso la fine di febbraio, il 253°, rinforzato da altre unità motorizzate e carico di uomini e materiali, iniziò un ulteriore spostamento verso ovest, lungo la direttrice: Sumy - Romny - Priluki, fino a raggiungere, - dopo continui bombardamenti aerei, attacchi improvvisi di reparti motorizzati e corazzati sovietici, imboscate di partigiani - la città di Kiev

Ultime fasi della ritirata, febbraio 1943.

Qui, in pratica, finì la ritirata vera e propria, perché i successivi spostamenti furono effettuati in ambiente relativamente più sicuro, pur se sempre sottoposti a continui attacchi aerei. Da Kiev il 253° si spostò a Nescin, dove fu ancora impiegato in diversi compiti a carattere logistico. Verso la fine di marzo, l’autoreparto lasciò questa ultima località e, superata Cernigov, entrò nella Russia Bianca, raggiungendo Gomel. Qui finalmente si riunì al X° Autoraggruppamento dal quale, da circa due mesi e mezzo, aveva perso ogni contatto, mentre veniva impiegato da tutti i Comandi, sia italiani, sia tedeschi, via via incontrati, senza un attimo di sosta, malgrado le forti perdite subite, talché per un certo periodo era stato dato - nella tragica situazione del momento, ove intere unità sparivano travolti dalla furia bellica - per disperso.

Villaggio incendiato, raggiunto durante le ultime fasi della ritirata (febbraio 1943).

Ora finalmente il 253° poteva riorganizzarsi, contare i suoi Caduti, curare i suoi feriti o ammalati, dare respiro a tutti coloro che avevano superato con coraggio, con sacrificio, con dedizione assoluta e, diciamo pure, anche con una buona dose di fortuna, ogni sorta di pericoli. Aveva percorso centinaia di chilometri, continuamente attaccato, sanguinosamente colpito da un nemico sempre in agguato, torturato dalle intemperie di un clima letteralmente agghiacciante, lasciando lungo le piste innevate uomini e mezzi, ma riuscendo a ribattere colpo su colpo, a superare ogni ostacolo, a resistere anche quando tutto sembrava finito, a compiere, infine, sempre e ovunque, il proprio dovere con serenità e consapevolezza, senza mai compiangersi o lamentarsi. 

Nella zona di Gomel erano state radunate tutte le Unità italiane che, convenientemente completate, potevano essere ricostruite e impiegate: un Corpo d’Armata su tre Divisioni con supporti vari e un Autoraggruppamento, il X°. Ma, verso la metà di aprile, giunse l’ordine di rientro in Patria e anche il 253°, con varie tradotte, lasciò la zona di guerra. Così per Bassano aveva termine, dopo circa sette mesi, uno dei periodi più importanti della sua vita, che, da ancora ragazzo, lo aveva trasformato in uomo, attraverso esperienze certo crude e dolorose, ma determinanti per la formazione del suo carattere.

Al comando di una parte del suo Reparto, Bassano iniziò un viaggio al contrario, ma simile a quello dell’arrivo: Gomel-Luminez-Leopoli-Bratislava-Vienna-Linz-Salisburgo-Rosenheim-Innsbruck-Brennero-Vipiteno. Qui, i militari scesero, fermandosi per visite mediche di controllo e per la disinfestazione, mentre i mezzi, presi in consegna da militari del 4° Reggimento Autieri, proseguivano per Verona. Dopo la disinfestazione, i militari furono trasferiti a Dobbiaco, dove rimasero per quindici giorni in quarantena e dove Bassano potè riabbracciare il padre, che prestava servizio a Trento; al termine di questo periodo, raggiunsero Verona. Colmati i vuoti in uomini e materiali, l’Autoreparto si spostò, prima a Montichiari (Brescia) ed, infine, a Livorno, ove venne impiegato in attesa di nuova destinazione.

L'armistizio

Ma giunse l’8 settembre 1943, data dolorosa e apportatrice di nuove sventure e lutti. Nella confusione indescrivibile del momento il 253° dapprima si oppose con le armi ai reparti tedeschi, che volevano catturarlo, ma alla fine, con l’arrivo di ulteriori forze germaniche e a seguito di ordini superiori dati per iscritto, resi inefficienti le armi e i mezzi in dotazione, si sciolse.

I reparti tedeschi, disarmati gli italiani, consegnarono in caserma la guarnigione, ma Bassano col suo capitano e altri coraggiosi, non volendo rimanere prigionieri dei tedeschi, né aderire alla Repubblica di Salò, riuscirono di notte col favore delle tenebre a guadagnare la libertà, facendosi strada tra i proiettili delle sentinelle tedesche, che purtroppo fecero qualche vittima tra i fuggitivi.

Bassano, con il suo capitano, trovò, poi, fraterna accoglienza presso la Famiglia Marcacci, una delle più distinte della zona, nella loro villa, a pochi chilometri da Livorno.

Questa famiglia era costituita da quattro sorelle, che furono per Bassano più che sorelle e non vollero mai - anche nei momenti più pericolosi e tristi dei rastrellamenti degli uomini e particolarmente degli Ufficiali che non avevano aderito alla Repubblica Sociale del nord, da parte delle SS tedesche -, abbandonare i loro ospiti, anche se sapevano di rischiare, anch’esse, la deportazione, se non addirittura la vita. Donne, pertanto, di alta levatura morale, di animo forte e dotate di profondo amore patrio e di sincera pietà (dalla “pietas” latina) cristiana.

Ma anche il periodo di attesa per ricongiungersi con il Regio Esercito da parte dei due ufficiali non fu esente da rischi e pericoli, perché era loro volontà non aderire alla Repubblica di Salò, ma reintegrarsi al più presto con le Forze Regie, verso le quali avevano prestato giuramento di fedeltà. Dal canto loro, i Tedeschi continuavano a rastrellare il territorio ancora sotto il loro controllo ed a catturare gli uomini, tanto è vero che nelle campagne del livornese le donne in simili frangenti giravano appositamente per avvisare gridando “acchiappall’omini” e tutti scappavano nascondendosi come potevano. 

I Tedeschi angariavano anche la popolazione locale per approvvigionarsi e per rappresaglia ed in uno di questi rastrellamenti Bassano si trovava nel suo rifugio presso la famiglia Marcacci, mentre il suo Capitano si era occasionalmente allontanato. In quell’occasione si presentarono a Bassano due delle sorelle Marcacci, cercando aiuto, disperate ed in lacrime, chiedendo di intervenire perché due Tedeschi, entrambi appartenenti alle SS, volevano prendere in ostaggio il figlio undicenne -unico figlio ed unico nipote di tutte le quattro donne-. Infatti, i due militari tedeschi avevano requisito un’infinità di prodotti della vasta campagna di proprietà delle sorelle, svuotando le dispense ed i magazzini destinati al sostentamento anche dei contadini ed ammassando ogni ben di Dio su di un capiente camion. A quel punto, i due militari, per assicurarsi di non essere poi assaliti dai contadini inferociti durante l’attraversamento delle campagne, avevano preso come ostaggio il figlio di una delle sorelle, appena undicenne. Bassano, all’epoca ventitreenne, in assenza del suo Capitano e sentendosi vincolato alla riconoscenza nei confronti di quelle donne, si disse pronto ad intervenire. Corse insieme a loro e si presentò ai due sottufficiali tedeschi così come era, ovvero in abiti civili, dicendo di lasciare il bambino e di prendere lui, un uomo, al suo posto. I due furono irremovibili, ma presero anche Bassano senza lasciare andare via il ragazzo. Bassano e Francesco salirono allora sul camion e, dopo un pò, i due tedeschi, ormai fuori dalla zona da loro ritenuta pericolosa, dovevano decidere cosa fare dei due ostaggi e decisero di eliminarli. Gli fecero scavare una buca per sotterrare i loro stessi corpi e, quando fu tutto chiaro, Bassano supplicò i due di uccidere lui, ma di lasciare andare Francesco: ci furono momenti drammatici in cui Bassano cercò di strappare dalle loro mani il bambino, nonostante fosse sotto il tiro delle pistole puntate su di lui. Ma non spararono, anzi uno dei due, il maggiore in grado ed il più anziano, forse colpito per il gesto di coraggio del giovane e mosso a compassione per la sorte del bambino, che piangeva disperato, rivolgendosi in lingua tedesca all’altro gli ordinò di lasciarli andare. A quel punto i due militari incominciarono a litigare violentemente tra loro, perché il più giovane voleva invece eliminarli, e vennero anche alle mani, fino a che il superiore non arrivò a puntare addirittura l’arma contro il suo sottoposto, contemporaneamente urlando a Bassano di scappare insieme al bambino. Corsero per ore, fino a che non entrarono nel latifondo delle sorelle Marcacci, dove i contadini riconobbero il bambino e li riportarono indietro a casa su un carretto: furono festeggiati per giorni entrambi.  

Quel bambino divenne un uomo e per tutta la vita di Bassano non fece passare mai un Natale, una Pasqua o un onomastico senza chiamarlo al telefono, fino a che, il giorno di san Bassano del 2003, rispose al telefono di casa solo la moglie Clara, comunicandogli che proprio quello stesso giorno Bassano era venuto a mancare: a quel punto Francesco si sciolse in un pianto dirotto, fino a non poter più proseguire la telefonata, mai dimentico del bambino che era stato e dell’uomo che, pronto a rinunciare alla propria, gli aveva salvato la vita.  

Così si arrivò all’agosto 1944, quando gli Alleati, a cui si erano affiancate le Truppe del Regio Esercito, giunsero nei pressi di Livorno. Bassano, insieme al suo Capitano, approfittando di tale situazione e sempre con l’aiuto della Famiglia Marcacci, raggiunse, attraverso le linee, la zona occupata dagli americani e, dopo un viaggio fortunoso, arrivò a Roma. Qui, il Capitano proseguì verso Napoli, sua città, e Bassano verso Tagliacozzo, dove si ricongiunse al padre. Nel gennaio 1945, riprese servizio e fu assegnato alla 266a Compagnia Autonoma Autieri A.C. (Allied Comission), dipendente dal Quartier Generale Alleato in Roma.

Il dopoguerra 

Il 1° settembre 1946 passò in servizio al 21° Autoreparto Speciale, sempre in Roma, trasformatosi, poi, in Reparti Auto dello S.M.E. ed, infine, in Autogruppo dello S.M.E.

Nel marzo 1947, a seguito di una proposta dei suoi Superiori diretti durante la Campagna di Russia, fu trasferito in Servizio Permanente Effettivo per Merito di Guerra con la seguente motivazione:

 “Ufficiale automobilista comandante di Autosezione di non comuni qualità ha sempre prodigato le sue energie al servizio. Nel corso di un ripiegamento del fronte subiva ripetutamente l’attacco di preponderanti forze corazzate e di fanteria nemiche. Nonostante la notevole inferiorità numerica e di armamento, affrontava con i suoi uomini il combattimento, riuscendo col suo coraggio, la sua azione personale di comando, il suo valore, la sua preparazione tecnica e il suo spirito di iniziativa, a disimpegnarsi brillantemente e raggiungere, dopo aver subito elevate perdite di uomini e di automezzi, la zona prestabilita. Luminoso esempio di coraggio, spirito di sacrificio e sprezzo del pericolo.” 

Nel contempo, non appena arrivato a Roma, aveva ripreso gli studi universitari, conseguendo la Laurea in Giurisprudenza. Successivamente, superò gli esami di Stato per Procuratore Legale, ma non poté, peraltro, iscriversi all’Albo dei Procuratori Legali, essendo Ufficiale Effettivo dell’Esercito.

In quel periodo, inoltre: prestò servizio presso i Distaccamenti, dipendenti dal suo Autogruppo, prima a Ugovizza presso Tarvisio (Udine) e poi a Casarsa della Delizia (Pordenone), impegnati nel recupero e smistamento di autoveicoli dislocati in Austria e ceduti dall’Esercito Americano a quello Italiano (dicembre 1947/maggio 1948); frequentò un Corso di Addestramento sulla Motorizzazione e da Istruttore presso una Scuola dell’Esercito U.S.A., dislocata a Eschwege (Germania), nel periodo settembre-novembre 1948.

L'esperienza in Somalia

Il 26 agosto 1949, fu trasferito, a domanda, al Comando del Corpo di Sicurezza della Somalia (ex colonia, data in mandato fiduciario all’Italia dall’O.N.U.) e assegnato all’Autoreparto Misto “S” in approntamento. Prestò servizio presso questo Reparto prima a Bari (agosto-novembre), poi a Caserta (novembre-marzo); durante questi mesi, l’Unità venne costituita nei mezzi e nel personale (Cap.no Comandante Tombesi; V. Comandante, Ten. Secchi; Com.ti di Autosezione, Ten. Pizzillo, S. Tenenti Barbagallo, Menna , Gafforio).

Il 5 marzo 1950, Bassano s’imbarcò sulla Motonave “Andrea Costa” e sbarcò a Mogadiscio il 20 marzo.

Bassano Secchi in Somalia (1950-1952).

L’Autoreparto, unica unità del Corpo Automobilistico in Somalia, veniva impiegato in tutto il Territorio da Bender Cassim (Migiurtinia) a Chisimaio (oltre Giuba) senza mai un attimo di sosta. Il 12 luglio 1950, Bassano venne promosso Capitano (con anzianità 15 marzo dello stesso anno) e il 10 marzo 1951 assunse il comando dell’Autoreparto Misto, iniziandone la trasformazione da personale nazionale (Sottufficiali e Autieri) a personale somalo. Il 3 giugno 1952, lasciò in aereo la Somalia dopo più di due anni di permanenza e rientrò in Italia.

La carriera negli anni Cinquanta e Sessanta

Il 26 ottobre 1952, finita la licenza coloniale, assunse il comando del Reparto Trasporti della Divisione “Granatieri di Sardegna” con sede a Roma - Pietralata (Caserma “Gen. Gandin”). Con questo Reparto partecipò alle Grandi Esercitazioni dell’estate 1953, le prime Grandi Manovre effettuate dopo la fine della guerra.

Il 14 gennaio 1954, venne trasferito al Ministero Difesa - Esercito in servizio presso l’Ispettorato Generale della Motorizzazione. In questo periodo fu:

-          Ufficiale Addetto alla Sezione Carburanti dell’Ufficio Autoveicoli e Carburanti (19 gennaio 1954/30 settembre 1954; Col. Belluzzi, Magg. Fabiano);

-    Prescelto, a seguito domanda, quale frequentatore del 9° Corso Superiore della Motorizzazione, superato con successo presso il Centro Studi ed Esperienze della Motorizzazione (1° ottobre 1954/30 giugno 1955; Direttore Col. SteM Noya);

-     Assegnato alla Divisione Auto, quale Addetto alla Sezione Personale Ufficiali (1° luglio 1955/30 giugno 1957; Capo Sezione, T.Col. Amendolagine);

-        Promosso Maggiore il 1° gennaio 1956;

-    Vincitore di un concorso per titoli (1° classificato) per la frequenza del Corso di S.M. presso la Scuola di Guerra (Civitavecchia): gennaio-settembre 1957, corso propedeutico con esami finali; ottobre 1957 - giugno 1958, frequenza 80° Corso Superiore di S.M. ed esami finali superati con successo; conseguita, pertanto, la qualifica di t. SG (titolo Scuola di Guerra);

-       Riassegnato alla Divisione Auto, quale Addetto alla Sezione Addestramento e ordinamento. Per un anno ricoprì anche la carica di Capo Sezione Personale Ufficiali, in sostituzione di collega in comando. Periodo dal 1° luglio 1958 al 30 gennaio 1964 (Capo Sezione: prima T.Col. Calò, poi T.Col. Calabresi);

-         Nel frattempo, promosso Ten. Colonnello il 1° gennaio 1963;

-       Trasferito, il 31 gennaio 1964, al Comando delle Scuole della Motorizzazione in Cecchignola, per effettuare il previsto periodo di comando, quale Comandante dell’Autogruppo Allievi Sottufficiali presso la Scuola Meccanici e Conduttori Automezzi (SMeCA), nella Caserma “Emanuele Filiberto di Savoia” (Comandanti: SMeCA, Col. Armando Iannace; Scuole Motori: Gen.le Manlio Timeus e, successivamente, Gen.le Sebastiano Alfonso);

-     Trasferito il 4 febbraio 1965 allo Stato Maggiore Esercito per l’Ufficio trasporti, con l’incarico, prima, di Ufficiale Addetto alla 2a Sezione (Piani) e, successivamente, Capo della 4a Sezione (Via ordinaria e Ferroviaria). Capi Ufficio: Col. Mari, Col. Felcini, Col. De Paoli. Lasciò lo S.M.E. il 21 settembre 1969, perché inviato in comando;

-          Promosso Colonnello in data 31 dicembre 1968.

Bassano Secchi, tenente colonnello.

La promozione al grado di Colonnello nel Corpo Automobilistico era allora una delle mete più ambite nelle carriera, in quanto solo una ristrettissima percentuale di Ufficiali riusciva a pervenire a tale grado. Fu, perciò, questo evento di grande soddisfazione per Bassano, evento che, peraltro, chiudeva, nello stesso tempo, un ciclo della sua vita. Ma, nel lungo periodo dopo il rientro dalla Somalia, si verificarono eventi familiari che, per Bassano, furono certamente più importanti della sua stessa carriera.

Infatti nel 1954, contrasse matrimonio con Clara Mary ONOFRI bellissima ragazza statunitense di origine italiana e, precisamente, abruzzese, figlia di un imprenditore di Yonkers nello stato di New York, con cui ebbero due figli, una femmina e un maschio.

Sfilata del 2 giugno 1964 a Roma.

Bassano, intanto, proseguiva nella sua carriera e, promosso come già detto Colonnello, il 22 settembre 1969 veniva trasferito in comando a Bologna (6a ORME - Via San Donato), ove si recò da solo, lasciando la famiglia a Roma, onde non sottoporla ad un disagevole trasferimento. Il 3 maggio 1971, peraltro, rientrò a Roma, dove assunse l’incarico di Capo Ufficio Motorizzazione dell’Ispettorato Logistico dell’Esercito.

La carriera negli anni Settanta e Ottanta

Il 31 dicembre 1973, Bassano viene promosso Maggior Generale, soddisfazione veramente grande questa, poiché a tale alto grado riusciva ad arrivare, nel Corpo Automobilistico, solo una percentuale minima di Ufficiali. 

Bassano Secchi, maggior generale, nel 1975.

Dopo il primo servizio prestato nel nuovo grado come Generale Addetto al Comando del Corpo (31 dicembre 1973 - 10 gennaio 1975), assunse l’11 gennaio 1975 il prestigioso incarico di Comandante delle Scuole della Motorizzazione e, contemporaneamente, quale Ufficiale più elevato in grado, anche il comando del Presidio Militare della Cecchignola, uno dei Presidi più importanti dell’Esercito. Le Scuole della Motorizzazione comprendevano: Scuola di Applicazione del Corpo Aut.co (Caserma Arpaia), Scuola Meccanici e Conduttori di Automezzi (SMeCA - Caserma Emanuele Filiberto), Scuola Specializzati (Caserma Ponzio), un Autogruppo di Manovra e una Officina Media; un complesso forte di circa 5.000 uomini (tale complesso, nella seconda metà degli anni ’80, subì una serie di modifiche organiche e d’impiego, trasformandosi nella Scuola Trasporti e Materiali; alla fine degli anni ’90, inoltre, anche il Corpo Automobilistico subì importanti modifiche, trasformandosi in Arma). Il Presidio della Cecchignola aveva, a sua volta, una forza di circa 10.000 uomini.

Lasciato il Comando delle Scuole della Motorizzazione e del Presidio Militare della Cecchignola in data 10 gennaio 1977, Bassano ricoprì, presso il Comando del Corpo, gli incarichi, prima, di Capo Nucleo Ispettivo e, successivamente, di Capo del 1° Reparto (Ufficio Personale Ufficiali e Sottufficiali, Ufficio Addestramento e Ordinamento, Ufficio Regolamenti) dall’11 gennaio al 31 dicembre 1981.

Il 1° gennaio 1982, Bassano, a seguito di una legge relativa agli organici dei Colonnelli e Generali dell’Esercito, viene collocato in “aspettativa per riduzione di Quadri”, posizione nella quale permane fino al 24 agosto 1984, data sotto la quale, raggiunto dai limiti di età, è collocato in congedo.

Il congedo dal servizio attivo , nel 1982.

Si concludeva così la sua carriera dopo più di 43 anni di servizio attivo.

Inoltre, il 23 maggio 1995, veniva conferito a Bassano il grado di Generale Ispettore (grado equivalente a quello di Gen. di Corpo d’Armata), in base alla legge 325/90 relativa al riconoscimento della promozione al grado superiore per i combattenti della 2a guerra mondiale.

Gli rimanevano come ricordo di questa lunga vita militare: il grado di Generale Ispettore; una promozione per Merito di Guerra; la Croce al Merito di Guerra; le Medaglie di Volontario di Guerra, della Guerra 1940-43 (con due Campagne: 1942-1943), della Guerra di Liberazione (una Campagna: 1945) e al Merito di Lungo Comando; la Croce d’Oro per Anzianità di Servizio; la Medaglia d’Oro Mauriziana e la Commenda dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; ma, soprattutto, gli rimaneva la sicura coscienza di avere compiuto il proprio dovere verso la Patria e verso il Paese (due entità ben distinte, ma integrantesi) con entusiasmo, con profonda convinzione e con spirito di sacrificio, sempre e ovunque, in pace e in guerra.

Il medagliere del gen. Bassano Secchi.

Si apriva, per contro, l’ultimo capitolo della sua vita.

Moriva il 19 gennaio 2003, proprio il giorno del suo onomastico. Colpito da un male incurabile, sopportò la sua malattia con estrema dignità e discrezione, minato nel fisico, mai nell’animo, fino all’inevitabile epilogo.

Al funerale celebrato il 21 gennaio 2003 parteciparono, oltre parenti e amici, Autorità militari e rappresentanza d’Arma. La chiesa era gremita all’inverosimile, segno di una vita sempre spesa a servire la Patria e ad aiutare il prossimo. Gli onori militari gli furono tributati da parte di un drappello di Autieri, dovuti al suo alto grado e al passato di combattente, ma soprattutto all’ultimo rappresentante della “Vecchia Guardia” di ufficiali e gentiluomini. Palpabile fu la generale commozione, quando al termine della funzione si levarono dal trombettiere le note del “Silenzio” in onore di un vecchio soldato tanto generoso e amato.

Come da suo desiderio ora riposa nel locale cimitero di Tagliacozzo, vicino al padre, il cui esempio di virtù e coraggio fu sempre seguito con profondo affetto filiale.

 Enrico Secchi

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