venerdì 25 settembre 2020

Il colonnello Vero Wilmant, un bersagliere tra i fanti sulle Dolomiti

In uno dei nostri ultimi articoli, ci siamo sbizzarriti nel cercare di attribuire un bel berretto al colonnello che lo aveva indossato nel periodo della Prima guerra mondiale: nonostante gli sforzi profusi, l'identificazione, in quel caso, è stata solo parziale. I piccoli oggetti che presentiamo in questo breve articolo, invece, ci hanno reso assai facile il compito: il piccolo lotto è, infatti, nominativo. Vediamoli nel dettaglio, cercando di raccontare qualche cosa del loro antico proprietario: il colonnello Vero Wilmant.
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Gli oggetti che qui vi presentiamo sono un fregio e due medagliette reggimentali. Il fregio è - meglio - un trofeo da berretto per ufficiale di fanteria del modello introdotto nel 1895; è in filo metallico argentato, e cucito su panno turchino. Dunque, doveva guarnire un berretto del modello adottato nel 1891, e poi confermato nel 1903. Esattamente come quello di cui abbiamo trattato in questo nostro articolo: "Un berretto per un colonnello - Emilio Ravanelli".
Ancora, il fregio reca nel tondino la cifra "53", distintiva appunto del 53° reggimento fanteria della Brigata "Umbria", e presenta tracce evidenti, per quanto scarse, del panno rosso scuro (detto robbio ) del quale era sottopannato [1]. Ciò denota che il fregio doveva essere montato sul berretto di un ufficiale comandante il predetto 53° reggimento fanteria. Ma di quale, tra i tanti che il reggimento ebbe tra il 1861 e - sigh! - il 1993?
La risposta ci arriva dagli altri due oggetti che, per oltre un secolo, hanno fatto compagnia in qualche cassetto al fregio in questione: si tratta, come già detto, di due "baverini", ovvero un particolare tipo di medaglie reggimentali, in metallo - argento, in questo caso - e smalti policromi, molto in voga - in specie tra gli ufficiali - negli anni precedenti e in quelli a cavallo della Grande Guerra. Gli esemplari in questione provengono, nientemeno, dalla prestigiosa gioielleria Jacoangeli di Napoli, eccellenza dell'arte orafa partenopea, come rivelano i marchi al verso. Le due medagliette, curiosamente, sono identiche, ed entrambe riferite al 12° reggimento bersaglieri.


Al verso, come d'uso, recano inciso il nome del loro antico proprietario, al quale probabilmente dovevano essere stati donati (dai colleghi del reparto, ad esempio): il tenente colonnello cav. Vero Wilmant. Con una rapida ricerca, scopriamo che il Wilmant, promosso colonnello, fu comandante proprio del 53° reggimento fanteria della Brigata "Umbria": per meglio dire, fu il comandante che portò il reparto al battesimo del fuoco, guidandolo nei primi due intensi mesi della Grande guerra. Il cerchio si chiude, e l'attribuzione è univoca. Di seguito, dunque, cercheremo di raccontare qualcosa di questo ufficiale: ciò sarà possibile anche grazie alla cortese collaborazione dei discendenti del colonnello Wilmant, che ci hanno contattati dopo aver letto la prima versione del presente articolo.
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Vero Wilmant nacque a Lodi il 26 novembre del 1861. Il padre, Enrico Wilmant, era figlio di Claudio Wilmant, principale stampatore lodigiano della metà dell'Ottocento, poi titolare della fiorente Tipografia Wilmant & Figli. Provenienti da Milano, i Wilmant discendevano da una famiglia giunta dalla Francia nel Settecento. Enrico Wilmant, membro della Carboneria, si era dedicato attivamente al sostegno della causa risorgimentale, stampando clandestinamente opuscoli di propaganda patriottica e libri di Mazzini e partecipando anche alle Cinque Giornate di Milano nel 1848. Anticlericale, vedendo nel Papa Re un ostacolo all'Unità d'Italia, Enrico Wilmant impose ai numerosi figli nomi che non fossero di santi: tra i fratelli di Vero vi era, infatti, anche Tieste Wilmantil quale ebbe una fortunata carriera quale cantante lirico. Se ne ricorda, in particolare, l'interpretazione nel ruolo di Marcello nella prima dell'opera La bohème di Giacomo Puccini al teatro regio di Torino la sera del 1 febbraio 1896.

Cresciuto, dunque, in una famiglia agiata e di forte tradizione patriottica, il giovane Vero scelse di perseguire la carriera militare. 
Così, all'età di soli sedici anni, chiese ed ottenne - grazie alla dispensa reale - di essere ammesso alla Scuola militare di Modena, in anticipo rispetto all'età minima (allora fissata ai diciassette anni). Il 24 aprile 1881, ancora diciannovenne, fu nominato sottotenente nell'arma di fanteria. Fu, dunque, assegnato ai Bersaglieri, corpo al quale Wilmant avrebbe legato tutta la propria carriera militare.
Gli annuari del Regio esercito ci aiutano a tracciarne le vicende successive: promosso nel 1883 al grado di tenente,  nel 1889 prestava servizio presso il 9° reggimento Bersaglieri. Nel 1890 fu comandato, per un certo periodo, presso il Ministero della Guerra, a Roma. Nel 1898, frattanto promosso al grado di capitano, era in servizio presso il 6° reggimento Bersaglieri in Asti.
Nel 1903 fu anche nominato cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.
Nel 1906, promosso al grado di maggiore, risulta in servizio presso l'8° reggimento Bersaglieri.
Con R.D. 31 agosto 1910, Vero Wilmant fu, dunque, promosso al grado di tenente colonnello. Nel 1913, l'annuario riferisce che il ten. col. Wilmant prestava servizio presso il 12° reggimento Bersaglieri, avente sede a Milano. Wilmant era l'unico tenente colonnello del reggimento, alle dipendenze del col. Giuseppe Maiorca [2].
A questo periodo trascorso a Milano, che durò sino a tutto il 1914, datano quindi le due medaglie reggimentali dalle quali prende le mosse questo articolo. Esse furono, molto probabilmente, un dono dei colleghi ufficiali del 12° Bersaglieri.

Il 1° febbraio del 1915, infine, Vero Wilmant fu promosso al grado di colonnello. Con tale promozione, gli fu dunque attribuito il comando di un reggimento: si trattava del 53° reggimento Fanteria della Brigata "Umbria". Il reggimento aveva sede a Vercelli e reclutava coscritti, tra gli altri, anche dal distretto militare di Lodi: Vero Wilmant si trovava, così, a comandare anche numerosi suoi concittadini. Assumendo il comando (e passando in fanteria), Wilmant si fece confezionare una nuova uniforme e, sul berretto, fece cucire il bel fregio che abbiamo presentato all'inizio dell'articolo. Wilmant, dopo quasi trentacinque anni di servizio nei Bersaglieri, si trovava infine a dover guidare un reparto di fanteria di linea.
Vero Wilmant in borghese, dopo il congedo
(per gentile concessione archivio famiglia Wilmant-Secchi).

Si era, in quelle settimane, al termine della fase preliminare con la quale il Regio esercito veniva posto sul piede di guerra (c.d. mobilitazione rossa), prodromica alla mobilitazione, la quale sarebbe iniziata il 1° marzo 1915. Il colonnello Wilmant, dunque, assumeva il comando del 53° fanteria in un momento assai delicato, e cruciale per il successivo impiego bellico del reparto. In effetti, l'azione di comando del Wilmant avrebbe segnato i primi tre mesi di campagna del reggimento: mesi che, proprio in ragione del settore in cui il reggimento fu destinato, si sarebbero rivelati particolarmente complicati.
La Brigata "Umbria" fu, infatti, immediatamente destinata al fronte dolomitico, inquadrata nella Quarta Armata. Già all'inizio delle ostilità, il 24 maggio 1915, i reparti della Brigata - alle dipendenze della 2^ Divisione - si trovavano sui passi cadorini di confini.
Ai primi di giugno, il 53° reggimento si portò su posizioni avanzate ad est di Cortina d’Ampezzo, ove ebbe il suo "battesimo del fuoco", mercé le cannonate del forte austriaco di Son Pauses. Traiamo il seguito della narrazione direttamente dal riassunto storico della Brigata "Umbria":
"[…] l'8 giugno, la 2a divisione muove all’investimento dello sbarramento di Son Pauses e il 53° fanteria concorre all’azione puntando da Val Grande contro la fronte Podestagno - S. Blasius; ma il fuoco dei trinceramenti nemici, robusti e in piena efficienza, ne arresta l’avanzata sulle posizioni del Lago Nero, dove il reggimento sosta e si rafforza.
Fino a luglio, quindi, si svolge una guerriglia di pattuglie e di ricognizioni, dirette specialmente alla Croda dell’Ancona, lungo la grande strada d’Alemagna, ed oltre il Lago Bianco, fra le quali una, con carattere più decisamente offensivo, alla Punta del Forame.
Il 28 luglio la brigata si trasferisce nel contiguo settore dell’Ansiei; il 53° occupa Forcella Bassa di Monte Piana ed il 54° una posizione avanzata in Val Popena. Tale dislocazione è presa in vista del compito affidato alla "Umbria" nelle imminenti operazioni offensive contro lo sbarramento di Landro, per le quali il 53° ha per obbiettivo la conquista di Monte Piana, mentre il 54° deve favorire il compito principale avanzando in Val Popena; le azioni cominciano il 3 agosto, ma non possono progredire con lo slancio e nella profondità desiderata perché le posizioni austriache, molto forti per natura, ben presidiate e organizzate, oppongono ostacoli insuperabili; la lotta si stabilizza assumendo talvolta anche carattere difensivo, soprattutto per i violenti ostinati contrattacchi avversari sul Monte Piana.
Però l’11 agosto va noverata come bella e gloriosa giornata per la "Umbria"; due compagnie del 54°, spintesi lungo il costone occidentale di Monte Piana, dopo aspra lotta, mettono piede in alcuni trinceramenti nemici, catturando una quarantina di prigionieri. Il valore delle posizioni conquistate è confermato dalla reazione del nemico, che nei giorni 12 e 13 tenta di ritoglierle, ma inutilmente, perché i suoi ripetuti attacchi s’infrangono contro la valorosa resistenza dei bravi fanti."[3]

Le vicende della metà di agosto, evidentemente, influirono in qualche modo sulla decisione dei comandi superiori di trasferire il colonnello Wilmant: egli fu, infatti, chiamato ad assumere il comando dell'8° reggimento Bersaglieri, operante sempre nel settore dolomitico. Il 53° rimase per circa un mese privo del titolare, sino alla nomina, il 5 settembre, del col. Alessandro Curti, il quale avrebbe retto il comando molto brevemente, fino al 20 ottobre.

Per Vero Wilmant, il trasferimento ai Bersaglieri (decorrente dal 25 agosto) dovette costituire un po' il coronamento della propria carriera: dopo una vita passata in caserma insieme ai "fanti piumati", si trovava infine a comandarne un reparto mobilitato, su un fronte assai delicato - anche se poco atto alle imprese bersaglieresche - quale quello delle Dolomiti.

Dal 20 agosto, l'8° Bersaglieri si trovava dislocato tra la Val Marzon (comando e V battaglione), Cima Tre Croci (XXXVIII Battaglione) e Pian di Cengia (XII Battaglione). Col 1° settembre, il reggimento passa alle dipendenze della 2^ Divisione, alternando proprie compagnie alla forcella Lavaredo e alla forcella Cengia. Di seguito, il colonnello Wilmant, quale comandante del reggimento, assunse il comando della difesa del sottosettore, alle dipendenze della Brigata "Marche" (55° e 56° regg. fant.). La situazione rimase alquanto statica sino al 31 ottobre, quando una cospicua colonna austro-ungarica attaccò di sorpresa e conquistò le posizioni del Sasso di Sesto. L'intervento dei rinforzi italiani riuscì, però, a scacciare il nemico dalle posizioni. Nuovi tentativi nemici furono bravamente rintuzzati dai bersaglieri nei giorni 2 e 28 novembre.
Dal 14 novembre, però, il colonnello Wilmant aveva lasciato il comando del reggimento: esso era stato assunto, dal giorno successivo, dal suo parigrado col. Augusto Rigault de la Longrais, che lo avrebbe mantenuto a lungo, sino al marzo del 1917. Difficile dire se alla base di tale decisione dei comandi superiori vi fossero solo considerazioni "pensionistiche" circa la personale posizione del Wilmant, o valutazioni sulla sua azione di comando. Va detto che la poca attività operativa del reggimento, nel corso del pur breve comando del Wilmant, farebbe forse propendere per la prima alternativa.

In ogni caso, sollevato dal comando, il col. Wilmant trascorse probabilmente i mesi successivi lontano dal fronte, o addetto ad attività sedentarie. Infine, con decreto luogotenenziale del 13 febbraio 1916, il colonnello Wilmant fu posto  a riposo per anzianità di servizio, a decorrere dal 1° marzo, e collocato nella riserva della Divisione militare di Milano (3^). All'età di cinquantacinque anni, così, lasciava il servizio attivo, nel bel mezzo della guerra, e alla vigilia dell'offensiva generale lanciata dagli Austro-Tedeschi nel settore degli Altipiani.

Il colonnello Vero Wilmant si sarebbe infine ritirato a Lodi, sua città natale, dove trascorse la sua vecchiaia. Ivi spirò, il 30 aprile 1935.

Al ricordo di questo vecchio bersagliere, protagonista - per un anno della sua vita - di un capitolo della storia nazionale, dedichiamo questo breve articolo.

Si ringraziano i discendenti di Enrico Wilmant per la cortese disponibilità nel fornirci notizie e immagini circa il colonnello Vero e la loro illustre famiglia.


A cura di Niccolò F.

NOTE

1. La sottopannatura del tondino è stata ripristinata dal sottoscritto.

2. Annuario militare del Regno d'Italia, anno 1913.

3. Riassunto storico della Brigata "Umbria", op. cit., anno 1915.

BIBLIOGRAFIA

- AA. VV., L'Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), volumi vari, Roma, Libreria dello Stato.
- Annuario Militare del Regno d'Italia, varie annate.
- Riassunti storici dei Corpi e Comandi, Vari Volumi, Roma, Libreria dello Stato.

2 commenti:

  1. Ho letto l’articolo con commozione ,infatti Vero Wilmant è il mio bisnonno.Sto ricostruendo la storia della famiglia Wilmant e sarei grata al sig.Enrico Secchi se mi potesse fornire qualche informazione ulteriore!

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  2. Gentile Giuliana, grazie per il commento e per l'apprezzamento. Se ci invia un messaggio sul Blog (utilizzando il box a destra in alto), saremo lieti di metterla in contatto con l'autore dell'articolo.

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