venerdì 15 aprile 2022

Venti giorni di guerra col tenente Cesare Torra (24 maggio-12 giugno 1915)

Anche stavolta, nel raccontarvi la vicenda di un giovane soldato, vogliamo partire da alcuni oggetti: in questo caso, si tratta di alcune medaglie e dei relativi diplomi di concessione. Si tratta di oggetti e documenti molto comuni, assai poco valorizzati a livello collezionistico, ma comunque dotati di un enorme potere: quello di riaprire una piccola finestra sul passato, risvegliando il ricordo di chi ne fu, per scelta o suo malgrado, protagonista.

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Ritratto del ten. Torra da "L'Illustrazione Italiana", 1915.

Il 28 luglio 1889, nella bella cittadina piemontese di Valenza, i signori Giuseppe Torra e Maria Pasetti divennero genitori di un bimbo dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, cui imposero il nome di Giuseppe. Prima di lui avevano già avuto un altro figlio maschio, Francesco Carlo, nato nel 1884.

Croce al Merito di Guerra e relativo diploma concessi al ten. Cesare Torra (coll. dell'A.).

 Giuseppe Torra crebbe a Valenza, ove frequentò le scuole e poi l'istituto tecnico, licenziandosi quale ragioniere

Di seguito, forse indeciso sulla prosecuzione della propria carriera, il nostro decise di chiedere l'arruolamento volontario nel Regio Esercito, in anticipo rispetto alla propria classe di leva. Come già visto in altri contributi di questo blog (si veda in particolare l'articolo relativo al s.ten. Pier Felice Vittone), l'istituto del volontariato ordinario era riservato ai diciottenni, celibi e senza figli, che godessero di buona forma fisica, fossero alfabetizzati e avessero il consenso del padre (la maggiore età si raggiungeva al compimento dei ventuno anni). Esso consentiva, in particolare, di scegliere liberamente il corpo nel quale si sarebbe prestato il servizio militare. In tal modo, si potevano assecondare le proprie personali inclinazioni o tradizioni famigliari, ma anche conciliare il servizio militare con esigenze di studio o lavoro, scegliendo un reparto di stanza in città vicine alla propria.

Cartolina reggimentale del 37° fanteria di inizio Novecento.

Tale fu, dunque, la decisione di Giuseppe Torra che, il 31 gennaio 1909, venne dunque arruolato quale volontario nel 6° reggimento Bersaglieri ed iscritto ai corsi per allievo ufficiale. Nel giro di un mese, tuttavia, Torra cadde ammalato (o vittima di qualche infortunio), tanto da dover essere inviato in licenza straordinaria di convalescenza, per la durata di un anno. Difficilmente possiamo immaginarci lo scorno che dovette provare questo giovane, così motivato, nel ritornare a casa in licenza. Trascorso il 1909 in attesa del rientro in servizio, Giuseppe Torra tornò a vestire le stellette nel gennaio del 1910, stavolta inquadrato nel 2° reggimento Bersaglieri. Era però destino che egli non dovesse essere un fante piumato: appena un mese dopo, Torra fu infatti trasferito al 50° reggimento Fanteria della Brigata "Parma", di stanza a Torino.

Promosso caporale a fine febbraio e poi sergente nel mese di maggio, Torra terminò i corsi da allievo ufficiale il 30 settembre 1910, venendo così inviato in licenza, in attesa della nomina a sottotenente.

Due mesi dopo, il 30 novembre, Giuseppe Torra fu dunque promosso al grado di sottotenente ed assegnato per il servizio di prima nomina al 37° reggimento Fanteria della Brigata "Ravenna": la destinazione presso tale glorioso reparto dovette particolarmente soddisfare il giovane ufficiale, giacché esso era di stanza presso la Cittadella di Alessandria, distante solo una quindicina di chilometri da Valenza.

Così, nella vita di caserma, Giuseppe Torra trascorse l'anno successivo, sino all'autunno del 1911, quando il Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero Ottomano. In tale contesto, il 37° regg. Fanteria fu mobilitato nella seconda fase della campagna italo-turca, prendendo parte alle operazioni del 1912. In particolare, il reggimento combattè nella battaglia di Zanzur, a metà del giugno 1912. Torra combatté dunque in terra d'Africa, al seguito del proprio reparto.

Cartolina commemorativa del 37° fanteria, dedicata alle campagne coloniali cui il reparto prese parte.

Terminata la Guerra italo-turca, dopo il trattato di Losanna del 18 ottobre 1912, il 37° reggimento fu rimpatriato, e con esso anche Giuseppe Torra. Questi, nel frattempo, aveva maturato un'importante decisione per la sua vita: la richiesta, cioè, del passaggio da ufficiale di complemento a ufficiale in SAP (Servizio Attivo Permanente). Inoltre, a far data dal 1° aprile 1912, era stato anche promosso al grado di tenente. Torra, così, a soli ventitrè anni entrava definitivamente a far parte dei ranghi del Regio Esercito, già veterano di una guerra coloniale e con la prospettiva di una brillante carriera. Nel giro di soli due anni, gli eventi avrebbero tuttavia preso un corso inaspettato.

Cartolina reggimentale del 37° fanteria postbellica, che riporta tra le glorie del reggimento anche i combattimenti di Plava del 12 giugno 1915.

Senza attardarci su cose già note, dopo l'inizio della "Guerra europea" nell'estate del 1914, il Regno d'Italia s'incamminò - dopo la scelta della neutralità - sulla via dell'intervento in guerra, provvedendo gradualmente a porre le proprie forze armate sul piede di guerra.
Le ostilità con l'Austria-Ungheria iniziarono nel fatidico giorno del 24 maggio 1915.
A tale data, la Brigata "Ravenna" si trovava - già dal mese di aprile - dislocata nella zona di Cividale, pronta a muovere sul confine.
Il 24 maggio, posta alla dipendenza della 3^ Divisione di fanteria, la "Ravenna" passò il confine e, per le dorsali di Scrio, Claunico e Gradno, raggiunge il costone di Verhovlie (o Vrhovlje, in sloveno), senza incontrare resistenza.
L’8 giugno riceve l’ordine di passare l’Isonzo presso la località di Plava ed attaccare il costone Kuk - Vodice - M. Santo, munitissimo di posizioni austro-ungheresi, a difesa da settentrione della città di Gorizia.
Il passaggio del fiume ha inizio il giorno 9 giugno per opera di un nucleo di duecento volontari del 38° fanteria i quali, passati sull’altra sponda, occupano il caseggiato di Plava, spingono pattuglie sulle pendici di Quota 383, ed iniziano l’attacco per la conquista di tali importanti posizioni. 
Il giorno 11 giugno, i battaglioni I e II/38°, occupata in un primo tempo la Quota 383 e perdutala in seguito ad un contrattacco del nemico, riuscirono, con l’aiuto di rincalzi, a stabilirsi sulle pendici della Quota 383.
La situazione dei fanti del 38° era delicatissima, ed a loro sostegno dovettero essere immediatamente inviati rinforzi.
Pertanto, nel corso della giornata, anche il 37° reggimento fanteria passò fortunosamente l'Isonzo, cosicché, al mattino del 12 giugno, tutta la brigata (37° e 38° reggimento) si trovava schierata sulle pendici di Quota 383.
Tra quei soldati, vi era il tenente Cesare Torra; nonostante i suoi poco meno di ventisei anni, Torra non era un ragazzo: era un uomo sotto le armi da sei anni, un ufficiale e reduce di guerra. Tuttavia, l'immagine che ci restituisce la sua fotografia è quella di un giovane che potremmo incontrare per strada, o sul treno, mentre rientra dall'università. Un giovane con tutta la vita davanti.
Le stagioni della storia, le vicende umane impongono a ciascuno di interpretare un certo ruolo nel teatro della vita: e per Cesare Torra, la campana doveva suonare proprio in quel bel giorno d'estate di centosei anni fa.

Nel corso della giornata del 12 giugno, le nostre truppe tentarono di impadronirsi della vetta insanguinata di Quota 383, ma dopo aver subito perdite gravissime, furono costrette, verso sera, a ripiegare sull’abitato di Plava.
Alla sera del 12 giugno, Cesare Torra mancava all'appello: i suoi occhi azzurri si erano spenti, tra il verde del bosco martoriato di Quota 383 e il blu intenso dell'Isonzo che scorre veloce qualche centinaia di metri più in basso.
Un altro tentativo, rinnovato il giorno 13 dal 37° fanteria, fu ancora arrestato dal fuoco nemico. 
In queste cruentissime azioni la brigata "Ravenna" perdette - tra morti e feriti - 52 ufficiali e 1500 uomini di truppa, con un sacrificio veramente tremendo.
Dal punto di vista strategico, l'azione raggiunse tuttavia l’importante risultato di costituire nella zona di Plava una testa di ponte. Essa sarebbe stata una spina nel fianco dello schieramento austro-ungarico fino all'estate del 1917 quando, con l'Undicesima Battaglia dell'Isonzo, il Regio esercito sarebbe riuscito finalmente ad avanzare oltre tali quote insanguinate.

Nel corso dei combattimenti del solo 12 giugno, cadono - oltre a Cesare Torra - anche i seguenti ufficiali:

- capitano Erneso Etolli, da Milano, MAVM;

- capitano Giovanni Gallo, da Torre Maggiore (FG);

- capitano Carlo Ollearo, da San Salvatore Monferrato, MBVM;

- capitano Paolino Ravasi, da Cremona (meglio, da Pietra Marazzi, AL), MBVM;

- capitano Michelangelo Tessitore, da Vercelli, MBVM;

- tenente Giuseppe Benedetto, da Naso (ME), MAVM;

- tenente Cesare Treves, da Casale, MBVM;

- tenente Andrea Tulli, da Verona, MAVM;

- sottotenente Augusto Colombo, da Casale, MAVM;

- sottotenente Giovanni Battista Laguzzi, da Molinella;

- sottotenente Giuseppe Mazzarella, da Frattamaggiore;

- sottotenente Agostino Oddone, da Cisterna.

Alla memoria di Cesare Torra e dei suoi valorosi e sfortunati compagni d'arme, dedichiamo questo articolo.

Medaglia interalleata della Vittoria e relativo diploma, concessi al ten. Torra (coll. dell'A.).
Medaglia comm. della guerra italo-austriaca e relativo diploma, concessi al ten. Torra (coll. dell'A.).

 
A cura di Niccolò F.

BIBLIOGRAFIA
  • L'Esercito italiano nella grande guerra, Vol. II, vari tomi, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1929.
  • La Grande Guerra sulla fronte Giulia, O. Di Brazzano, Ed. Panorama, 2002.
  • Riassunti Storici dei Corpi e Comandi nella guerra 1915 - 1918 , Roma - Libreria dello Stato.

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