L'ineffabile "centenario" della Grande Guerra, nonostante
le quotidiane aberrazioni alle quali ci sta abituando, ha anche
indubbiamente portato alcuni risultati positivi. Tra questi, vi è
certamente la progressiva digitalizzazione di importanti archivi
documentali, e la messa in rete di cospicui database, dai quali
attingere informazioni che, in passato, erano di assai complessa
reperibilità. L'interazione virtuosa tra questi fenomeni, peraltro,
rende ancora più stimolante - e meno dispendioso - compiere ricerche a
partire da scarni riferimenti testuali o iconografici: un nome, una
fotografia, una firma.
La breve storia che qui vi raccontiamo, prende le mosse proprio a uno di questi indizi: una foto, e la dedica scritta su di essa.
"La famiglia Castano, con affetto": questa la dedica, scritta in bella grafia, apposta sulla foto cartonata ritraente un giovane ufficiale di fanteria. Grazie a una ricerca incrociata nei database dell'Istituto del Nastro Azzurro, negli Albi d'oro dei Caduti, e nell'archivio digitalizzato del Museo Centrale del Risorgimento, ecco tornare alla luce un'altra storia, mesta ed eroica insieme, di un ragazzo di cento anni fa.
La breve storia che qui vi raccontiamo, prende le mosse proprio a uno di questi indizi: una foto, e la dedica scritta su di essa.
"La famiglia Castano, con affetto": questa la dedica, scritta in bella grafia, apposta sulla foto cartonata ritraente un giovane ufficiale di fanteria. Grazie a una ricerca incrociata nei database dell'Istituto del Nastro Azzurro, negli Albi d'oro dei Caduti, e nell'archivio digitalizzato del Museo Centrale del Risorgimento, ecco tornare alla luce un'altra storia, mesta ed eroica insieme, di un ragazzo di cento anni fa.
Ritratto fotografico di Emilio Castano realizzato dallo studio "G. Bronzini - Novara". Collezione privata dell'Autore. |
"Alla bella Patria mia": storia di Emilio Castano, caduto sul Monte San Michele.
Emilio Castano nasce a Novara il 3 luglio del 1894, da Giuseppe e Aurelia Garzolani. Della sua gioventù, in assenza di documenti, non può dirsi molto, se non che essa trascorre in quel di San Pietro Mosezzo, piccolo comune della campagna novarese, proprio sul confine tra Piemonte e Lombardia. Qui Emilio cresce insieme ai tre fratelli (Luigi, Francesco e Antonio) e alle sorelle (Erminia, Angiolina e Maria), fino a quando, terminate le scuole primarie, è ammesso, con buona probabilità, presso il Convitto Nazionale "Carlo Alberto" di Novara, ove frequenta il ginnasio ed il liceo (1). Dopo il diploma, è ammesso al Nobile Collegio Caccia di Novara, e si iscrive alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Torino (2). Da queste notizie i suoi studi, si può ragionevolmente trarre che la famiglia di Emilio Castano godesse di una certa agiatezza economica, se non anche di ascendenze nobiliari (3). La circostanza che egli fosse uno studente universitario, consente di dedurre (stante il fatto che, nel settembre del 1914 egli iniziava il suo primo anno di università) che, al momento della chiamata della sua classe di leva, nel corso del 1914, il giovane abbia richiesto il differimento dell'entrata in servizio. Castano, pertanto, sarebbe stato effettivamente chiamato alle armi solo con la primavera del 1915, in ottemperanza alle disposizioni sulla mobilitazione generale. Arruolato e assegnato alla fanteria, è scelto per frequentare i corsi per allievo ufficiale e, dopo la nomina al grado di sottotenente è destinato, con buona probabilità, al deposito del 24° Reggimento Fanteria della Brigata "Como", di stanza proprio a Novara (4). Sempre inquadrato in tale reparto, presumibilmente, raggiunge la linea del fronte.
Nei mesi seguenti, Emilio Castano è
tuttavia trasferito al 30° Reggimento Fanteria della Brigata "Pisa".
Questa brigata, praticamente sin dalle primissime settimane del
conflitto, si trova ad operare nel settore del medio-basso corso
dell'Isonzo, e in particolare alle pendici sud-occidentali del Monte San
Michele. Nel corso dei mesi, i campi di battaglia coi quali i fanti
della "Pisa" debbono quotidianamente confrontarsi sono quelli -
tristemente noti - di San Martino del Carso, di Bosco Lancia, e, soprattutto, di Bosco Cappuccio.
A partire dal novembre del 1915 (nel quadro della 4^ Battaglia
dell'Isonzo) tra gli obiettivi principali dei diuturni sforzi dei fanti
della "Pisa", vi è la posizione detta "il Groviglio", e, in particolare, un suo saliente, il cosiddetto "Dente del Groviglio".
Dopo
una breve pausa trascorsa in zona di riposo a cavallo del Capodanno, la
Brigata "Pisa" ritorna in linea, sempre nel medesimo settore, il 13
gennaio del 1916. Nelle settimane seguenti al suo ritorno in linea, i
fanti della "Pisa" sono quotidianamente impegnati in uno stillicidio di
brevi azioni, colpi di mano, pattugliamenti logoranti quanto sanguinosi.
Al contempo, con l'inizio del 1916, la situazione complessiva del conflitto si presenta in vantaggio per gli Imperi Centrali: ridotta temporaneamente a mal partito la Russia, entrata in campo la Bulgaria, anche le prime fasi della battaglia di Verdun non vedono sostanziali successi per le armate Franco-Inglesi. Il Comando Supremo italiano, allo scopo di evitare che forze austro-ungariche siano trasferite sul fronte occidentale - ove potrebbero dar man forte ai Tedeschi, agendo su Verdun - concepisce dunque una vasta "azione dimostrativa" (ma pur sempre essenzialmente dimostrativa), per tenere impegnato il nemico sulla fronte meridionale. L'azione è affidata alla Seconda e Terza Armata, e scatta, dopo due giorni di bombardamento, il mattino del 12 marzo.
Sul tratto di fronte occupato dalla Brigata "Pisa", l'azione è affidata in via prevalente al 29° reggimento, mentre il 30° - quello in cui si trova inquadrato Castano - si mantiene sulla difensiva in retroguardia. Tuttavia, nella serata del 15 marzo, la situazione assai critica per il 29° reggimento richiede che aliquote del 30° reggimento siano inviate di rincalzo. Tra queste, anche la 6^ compagnia del II Battaglione del 30° reggimento
: al comando di uno dei
plotoni di essa, vi è il sottotenente Castano. Quando è ormai calato il buio, la compagnia
esce dalle trincee: l'obiettivo è, ancora una volta, il Dente del Groviglio. I fanti attraversano il terreno sconvolto di Bosco Cappuccio, e tentano, infine, l'assalto al Dente. Emilio Castano, al comando del suo plotone, riesce a raggiungere l'obiettivo assegnato, ma poco dopo cade colpito da una fucilata alla testa. La posizione, comunque, dovrà poi essere abbandonata. Le spoglie del giovane ufficiale sono recuperate, e inumate nel cimitero di guerra di Sdraussina, noto come cimitero dei caduti del San Michele. Alla sua memoria, è conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione:
"Sotto
l'intenso fuoco nemico, riusciva più volte a riordinare e rianimare il
plotone, fino a portarlo brillantemente là dove gli era stato comandato.
Raggiunto lo scopo, cadeva eroicamente, colpito in fronte. - Dente del
Groviglio, 15 marzo 1916."
Qualche giorno dopo questi avvenimenti, il cappellano del 30° Reggimento fa pervenire alla famiglia Castano una lettera, scritta dal loro Emilio solo tre giorni prima di perdere la vita. Il giovane ufficiale, presago degli eventi sfortunati che sarebbero seguiti di lì a poco, prende coraggio e decide di accomiatarsi dai suoi cari, indirizzando loro un'ultima missiva, che poi - secondo una pratica alquanto abituale tra gli ufficiali - consegna al cappellano del reggimento, con preghiera di farla recapitare in caso di sua morte. E' una lettera che tocca corde assai intime, e che forse non ci sentiremmo di divulgare sul web, se non fossero stati proprio i destinatari, i signori Castano, a decidere in tal senso (2). Non sappiamo, non possiamo sapere con quale animo Emilio Castano si fosse accostato al tema dell'intervento in guerra, e, soprattutto, con quale spirito egli avesse accolto la chiamata alle armi e i lunghi e durissimi mesi di trincea. Quello che sappiamo, è quello che lui ha voluto lasciare al mondo, prima di congedarsene: una lettera che è un inno d'amore cose più care della sua vita. La famiglia, la religione, e - per quel che qui più interessa - la sua "bella Patria". Prima di lasciarvi alle sue parole, dopo le quali ogni commento sarebbe fuori luogo, vi invitiamo solo ad immaginarvi, in una mattina primaverile, un ragazzo di ventidue anni, mentre scrive una lettera appoggiato alla sua cassetta militare.
Emilio Castano, s.ten. del 30° Regg. Fanteria. Fotografia tratta dall'archivio del Museo Centrale del Risorgimento in Roma. |
"12-III- ore 9
Amati miei genitori, fratelli e sorelle,l'ora che volge può essere l'ultima di mia vita. Non posso affrontare i pericoli imminenti senza prima dirvi due parole, senza prima esprimervi ciò che sempre ho taciuto. Momenti di estrema angoscia ho provato lontano da voi, nei momenti gravi ho invocato il vostro santo nome, come unico mio conforto, vi ho baciato teneramente nelle ore di solitudine e di quiete, di tempeste, di dolce nostalgia, sempre vostro è stato il mio cuore, per voi, santi miei genitori, ho sperato sempre sempre; anche ora spero, per quante poche sono le probabilità di uscirmene incolume, per te babbo mio che tanti anni belli di tua vita hai dato per la mia educazione, per vedermi felice, contento di essere tuo figlio. Quali parole io debbo mettere per esprimerti il mio amore, la mia eterna riconoscenza. Dimmelo tu? Non so esprimermi: le lacrime mi oscurano la vista, il mio cuore sussulta, la mia persona trepida e scompare, rimane la figura del mio buon vecchio; lo vedo davanti, palpitante d'immenso affetto, mi getto su di lui e lo tempesto di baci; è mio babbo, è l'uomo più grande del mio cuore, e di mia vita.Per te mamma spero ancora. Oh! la mia santa mamma! Se tu sapessi quante volte t'ho sognata, nelle terribili notti passate a pochi metri dal nemico, passate sotto l'infernale fuoco delle artiglierie! Non sentivo più niente, ogni dolore scompariva; ti sognavo vicina a me sempre buona, sempre cara, ti sognavo ovunque. Mamma! Mamma! Mamma! Quando sono partito da casa non piansi; il pianto forse sarebbe stato uno sfogo, un conforto; no impietrai. Non un'ora trascorsi senza che il mio pensiero volasse a te, senza che la mia pupilla s'inumidisse. Quante volte ho nascosto le lacrime davanti ai miei soldati, quante volte esternamente ho sorriso ed internamente ho sanguinato. Coraggio mamma mia, coraggio, se sarò caduto tu pregherai ancora per me, per il tuo Emilio che tanto bene ti ha voluto sempre, ovunque immensamente.Addio, fratelli[:] Antonio che non sai, Luigi che soffri tu pure, Francesco che trepidi. Addio, Dio conceda a voi miglior fortuna, Dio vi assista e vi dia forza di affrontare il terribile avvenire. Ricordatevi che voi avete il dovere di consolare i nostri cari, di occupare anche il mio posto, di colmare il vuoto nel cuore grande di Papà e Mamma. Addio sorelle[:] Erminia, Angiolina, anime elette che per me sempre avete avuto affettuose premure, che siete vissute alla scuola d'affetto della nostra cara famiglia; quante volte allorchè in umido fosso, immobilizzato per necessità di vita, per istinto della propria esistenza, di tutto privo, il mio pensiero correva anche a voi che sempre, generosamente, mi prestavate le vostre cure fraterne. Abbiate sempre un ricordo anche del vostro povero fratello. A tutti parenti e amici con cui condivisi giorni felici il mio saluto, commosso e riconoscente. Al caro nipotino che sempre mi ha ricordato, lascio quello che di più sacro tengo, la mia sciabola ricordo dello Zio, caduto compiendo il suo dovere nella seconda guerra di indipendenza per l'onore d'Italia, contro il secolare nemico.Alla bella Patria mia, che amai bambino, che giovane apprezzai, per la vittoria dei giusti diritti della gente nostra, consacro la mia verde età, i miei studi, i sentimenti dell'animo mio. Prego Maria ad instillare nel caro bambino suo i sentimenti del suo povero Zio, unica eredità che egli possa giustamente lasciare. A Maria, alla bella famiglia nascente, lascio il mio ricordo coll'affetto grande che per Lei e parenti suoi ho sempre nutrito.A tutti forza e coraggio. Ricordo a Papà e Mamma che mio desiderio vivissimo è che nessun pianto, nessuna lacrima accompagni la santa volontà della Provvidenza Divina, in cui sempre ho creduto, nella fede cristiana cattolica in cui desidero morire, conforme ai miei sentimenti e a quelli della famigia mia. Ricordo a Papà e Mamma che altre persone, fratelli e sorelle a loro ugualmente care, hanno il diritto che essi si conservino al loro affetto. Coraggio tutti. Se veramente mi volete bene, dimostratemelo coll'accettare serenamente le decisioni della Provvidenza Divina. Coraggio carissimi, siate forti, e gridate con me: viva la nostra cara famiglia, viva la santa Fede nostra, viva l'Italia.Per informazioni rivolgersi al Cappellano militare 30° Fanteria cui affido questa lettera mia, rivolgersi Comando 6^ Compagnia.Baci, baci, baci, baci vivissimi.Vostro sempre, eternamente carissimo Emilio."
A cura di Niccolò F.
NOTE
(1) Dal dato, certo, della sua successiva iscrizione all'università, si desume, stante l'ordinamento del tempo, il fatto che egli avesse compiuto gli studi classici.
(2) Notizie intorno alla sua carriera universitaria (nonché sul fatto che fosse un convittore del Collegio "Caccia") si traggono dall'Annuario della Regia Università di Torino per l'anno accademico 1914-1915, p. 259.
(3) Il Nobile Collegio Caccia, da secoli, era il luogo formativo della nobiltà e del notabilato del contado di Novara.
(4) Tale dato si desume dalla fotografia cartonata da cui è scaturito questo articolo, nella quale si nota distintamente che Castano porta mostrine di tinta chiara, e monocolore: dal fatto che proprio a Novara fosse di stanza il 24° Regg. Fant. (contraddistinto dalle mostrine azzurre) si è identificato il reparto.
(5) la "copia conforme" della lettera - come attestato dal segretario comunale di S. Pietro Mesozzo - fu inviata al Comitato Centrale per la Storia del Risorgimento in Roma, che tuttora la custodisce nei propri archivi, recentemente digitalizzati.
BIBLIOGRAFIA
Annuario della Regia Università di Pavia per l'anno accademico 1915-1915, Torino, 1915.
Riassunti Storici dei Corpi e Comandi nella guerra 1915 - 1918 , Roma - Libreria dello Stato;
M. Ceola, Guerra nostra 1915-1918, Milano, 1933;
G. Reina, Noi che tignemmo il mondo di sanguigno, Bologna, 1920.
Nessun commento:
Posta un commento