venerdì 18 gennaio 2019

Breve profilo di Armando Multedo, tenente d'artiglieria, MAVM alla memoria

Anche questo breve articolo, come nostro uso, prende le mosse da un oggetto, anzi due: si tratta, cioè, di due ritratti fotografici recuperati su una nota piattaforma di vendite online. Due ritratti di un giovane distinto, avviato indubbiamente a un brillante futuro professionale: Armando Multedo. La sua storia cercheremo di tracciare brevemente nel prosieguo.
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Armando Multedo nasce il 6 febbraio del 1890 a Novi Ligure. La famiglia Multedo è composta, oltre che dai genitori Paolo Multedo e Mercedes Perolo, anche da altri due figli, Rosolino [1] e Yves.
Il giovane Armando, terminati gli studi liceali, s'iscrive alla facoltà di ingegneria del Regio Politecnico di Torino, con indirizzo industriale meccanico.
Ritratto fotografico dell'ing. Armando Multedo (collezione dell'autore).
Frattanto, nel 1910 è chiamato al reclutamento nel Regio Esercito ma, benché inscritto nei ruoli del Distretto Militare di Tortona, è rinviato in congedo. Ciò, probabilmente, avviene a motivo della sua assegnazione alla terza categoria oppure in ragione della sua opzione per il rinvio per motivi di studio, istituto che consentiva - agli studenti delle università, degli istituti assimilati e in altri casi particolari - di ritardare la chiamata alle armi sino al ventiseiesimo anno d'età [2].
Intorno al 1912 Multedo consegue dunque la laurea in ingegneria [3] per poi decidere d'iscriversi al corso superiore di perfezionamento in ingegneria mineraria, sempre presso il politecnico di Torino [4].
Al termine dello stesso, non può tuttavia precisarsi se - in ragione del rinvio predetto - sia chiamato alle armi, oppure ne sia comunque dispensato (poiché assegnato alla terza categoria), dedicandosi così alla propria professione.
In mancanza di ulteriori informazioni, tocca compiere un passo in avanti di circa tre anni, sino all'autunno del 1916.
In tale momento, la vita di Armando Multedo è cambiata radicalmente. Egli si trova infatti al fronte, quale ufficiale di complemento. Con buona probabilità, si trova sotto le armi sin da poco dopo l'inizio delle ostilità: assegnato, in ragione delle sue capacità tecniche, all'Arma d'Artiglieria, è nominato dapprima sottotenente, e poi promosso al grado di tenente. È, dunque, inquadrato nel 1° Reggimento Artiglieria da Fortezza, con sede del deposito in Torino.
Cartolina illustrata del 1° Regg. Artiglieria da Fortezza con la Mole antonelliana sullo sfondo.
In tale posizione, gli è successivamente affidato il comando della 626a Batteria d'Assedio.
Tali batterie era armate con pezzi d'artiglieria pesante costituenti il c.d. "parco d'assedio": si trattava, in particolare, di cannoni da 149A (acciaio), obici da 210, mortai da 210, cannoni da 149G, obici da 280A e 280G tolti dalle piazze costiere [5].
Di tale batteria - anche alla luce dei fatti che si narreranno - può dirsi che, con l'autunno del 1916, si trova inquadrata nella Terza Armata, e schierata - insieme a numerose altre unità d'artiglieria - nella piana di Merna, lungo il corso del Vipacco.

Situazione al 1° novembre 1916 nel tratto di fronte tra Vertoib e il Veliki Kribach (al centro, in verde, il Mirenski Grad). La linea rossa tratteggiata indica lo spostamento del fronte alla notte del 4 novembre.

Si è nei giorni della ripresa offensiva italiana, che darà luogo alla Nona Battaglia dell'Isonzo (31 ottobre - 4 novembre 1916).
In particolare, le batterie posizionate nella piana di Merna operano a supporto delle truppe dell'XI Corpo d'Armata destinate ad avanzare verso le posizioni del Volkovnjak (Brigate "Napoli" e "Pinerolo", della 49a Divisione), nelle giornate del 3-4 novembre [6].
Esauritasi l'offensiva italiana, le unità d'artiglieria in discorso restano - perlomeno parzialmente - schierate nel medesimo settore. In particolare, la 626a batteria del tenente Multedo è schierata nelle vicinanze del santuario di San Grado (Mirenski grad) presso la località di Merna (Miren).
Santuario della Madonna Addolorata di Merna (Mirenski Grad), foto dal web.
Circa un mese più tardi, nonostante da parte italiana ci si trovi in un momento di sostanziale pausa dalle operazioni dato l'incipiente inverno, da parte austriaca si scatena un violento bombardamento, contro le posizioni italiane della piana di Merna.

Le posizioni occupate dalla 626a batteria del tenente Multedo sono pesantemente colpite: il giovane comandante si trova coi propri serventi, quando un proietto nemico colpisce una riservetta. In questo momento di grandissima concitazione, il tenente Multedo si avvicina alla riservetta colpita. Qui, tuttavia, è raggiunto dall'esplosione di una granata a shrapnel [7], che lo colpisce a morte.
Per il contegno tenuto in questo drammatico frangente, alla memoria del ten. Multedo sarà conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione:

 «Comandante di una batteria d'assedio soggetta a violento fuoco nemico, si recava dall'osservatorio fra i suoi soldati per dividere i rischi. Avendo un proietto di grosso calibro sfondato una riservetta, nel momento in cui il fuoco si faceva più intenso accorreva sollecito sul posto per dare i necessari ordini. Colpito in più parti del corpo, spirava sul campo, mirabile esempio di valore ai suoi dipendenti. - San Grado di Merna, 7 dicembre 1916».

Benché la motivazione riferisca la circostanza della morte sul campo del giovane ufficiale, è molto probabile che egli sia spirato effettivamente presso la 52a sezione di sanità, che in quei giorni è installata a Gabrje-Gorenje [8]. Infatti, fu tale ultima località ad essere indicata dalla famiglia Multedo quale luogo della morte, nel luttino dedicato al loro sfortunato congiunto.
Ritratto del ten. Multedo riportato in una pubblicazione sui caduti genovesi nel primo conflitto mondiale (cortesia Roberto Bobbio).

Necrologio del ten. Multedo tratto dal quotidiano torinese La Stampa, 16 dicembre 1916.

Dopo il termine del conflitto, la famiglia Multedo volle che le spoglie del giovane tenente fossero traslate nella natìa Liguria: oggi, secondo la banca dati del Ministero della Difesa, Armando Multedo riposa dunque nel Sacrario di Caduti del Cimitero Monumentale di Staglieno, presso Genova, inaugurato nel 1936.

Il nome del ten. Multedo fu ricordato anche nella lapide in ricordo degli studenti della Scuola d'Ingegneria del Politecnico di Torino caduti in guerra.

Al ricordo del ten. Multedo dedichiamo questo modesto contributo.

A cura di Niccolò F.

NOTE
[1] Non si è potuto verificare se il fratello del protagonista di questo post fosse lo stesso Rosolino Multedo poi divenuto valente pittore acquarellista.
[2] Cfr. artt. 118 e 120 del Testo Unico sul Reclutamento del 6 agosto 1888 poi trasfusi negli artt. 105 e 109 del Testo Unico sul Reclutamento, R.D. n. 1497 del 1911.
[3] Ciò si può dedurre dal fatto che l'Annuario del R. Politecnico di Torino lo annovera, nel 1911, tra gli iscritti al 4° anno della facoltà di ingegneria.
[4] Cfr. R. Politecnico di Torino, Annuario per l'anno scolastico 1912-1913, pag. 200.
[5] Enrico Ramella - "L'Arma di Artiglieria - Cenni storici" - Scuole di Applicazione d'Arma - Torino 1965.
[6]  L'Esercito Italiano nella Grande Guerra, Volume III, Tomo 3, pag. 256 e ss.
[7] Così specificato nel trafiletto dedicato alla morte del ten. Multedo apparso sul periodico novese "Il Messaggero", e riportato nel volume Decorati al Valor Militare del Comuine di Novi Ligure, a cura del Gruppo Alpini di Novi Ligure.
[8] Cfr. Archivio di Stato di Benevento, I caduti della prima guerra mondiale, Provincia di Benevento.
[9]



BIBLIOGRAFIA
- Archivio di Stato di Benevento, I caduti della prima guerra mondiale, Provincia di Benevento, leggibile qui http://www.archiviodistatobenevento.beniculturali.it/risorse_digitali/Caduti/ElaboratiGrafici/PaesiDiOrigine/Pdf/Ceppaloni.pd
- database online dell'Istituto del Nastro Azzurro tra i decorati al Valor Militare;
- Italo Semino, Gruppo Alpini di Novi Ligure, Decorati al Valor Militare del Comune di Novi Ligure,
a cura del Gruppo Alpini di Novi Ligure.
- La Stampa, archivio online.
- USSME, L'Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), Vol. IIbis, Roma, Libreria dello Stato.