sabato 21 novembre 2020

Il capitano Pestalozza e i fanti del 74° reggimento Brigata "Lombardia" tra Cima Dodici e il Monte Zoviello


Anche stavolta, un modesto ritrovamento cartaceo ci fornisce lo spunto per rievocare la figura di un valoroso soldato, caduto sul Monte Zoviello nel corso della Battaglia degli Altipiani, nell'estate del 1916.
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Alberto Pestalozza nacque a Rovescala, in provincia di Pavia, il 31 luglio 1891. La famiglia, originaria di Piacenza, si trovava in tale località per ragioni di servizio del padre, il cav. dott. Francesco Pestalozza, medico condotto. Quando, in seguito, questi fu chiamato come medico condotto a Stresa, tutta la famiglia si trasferì sulle belle rive del Verbano. Morta la madre, Maria Boselli, la famiglia si componeva anche dei fratelli Alessandro e dalle sorelle Gina, Dolores ed Edvige. 

Il giovane Berto - com'era chiamato affettuosamente in famiglia - frequentò il collegio Rosmini di Stresa e poi ottenne, nel 1910, il diploma in elettrotecnica presso l'Istituto Cobianchi di Intra.

Nel novembre del 1910 si arruolò nel Regio Esercito quale volontario ordinario, passando poi a frequentare i corsi per allievo ufficiale di complemento. Promosso prima caporale e poi sergente, fu nominato sottotenente con il gennaio del 1912 ed assegnato per il servizio di prima nomina al 23° reggimento della Brigata "Como", di stanza a Novara. Con tale reparto, il sottotenente Pestalozza fu mobilitato per la campagna Italo-Turca, imbarcandosi nell'agosto del 1912. Il giovane ufficiale prese dunque parte ai numerosi combattimenti che coinvolsero il reggimento in terra d'Africa, tra i quali in particolare quello di Sidi Bilal del 20 settembre 1912, nel corso del quale perse la vita il ten. col. Vittorio Gadolini, ricordato in un precedente articolo di questo blog. Rimpatriato nel dicembre del 1913, Pestalozza ottenne la rafferma e il passaggio in servizio attivo, rimanendo in forza al 23° reggimento. 

Alberto Pestalozza in grande uniforme da sottotenente del 23° regg. fanteria (coll. dell'autore).

Promosso poi al grado di tenente, in tale posizione si trovava quando, nel gennaio del 1915, fu destinato al 153° reggimento fanteria della Brigata "Novara". Il reggimento era un'unità di nuova formazione, costituita dal deposito del 23° regg. fanteria per inquadrare i coscritti richiamati dal congedo. Con il 153°, il tenente Pestalozza raggiunse il fronte alla vigilia della dichiarazione di guerra del 24 maggio 1915. Combattè, poi, per tutto l'anno nel settore dell'Altopiano di Tonezza e del Monte Coston, impratichendosi di guerra in montagna. Alla metà di novembre, la "Novara" fu trasferita sul fronte isontino, assumendo con il 22 novembre la difesa del settore di Quota 188, dal versamente destro della Val Peumica alla Selletta di Oslavia. Qui, negli ultimi giorni di novembre, il 153° fu duramente impegnato nel combattimento, nelle ultime fasi della Terza battaglia dell'Isonzo. Nel mese di dicembre, Alberto Pestalozza fu promosso al grado di capitano e trasferito al 74° reggimento della Brigata "Lombardia", schierato (con la 4^ Divisione) sempre nel settore di Oslavia. Pestalozza fu dunque posto al comando della 9^ compagnia del reggimento, con la quale fu immediatamente chiamato al combattimento, tra il 27 e il 29 novembre. Per il contegno dimostrato in questo frangente, il capitano Pestalozza fu decorato con la Medaglia d'Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione:

"In tre giornate consecutive di combattimento, conduceva la sua compagnia con intelligenza, calma e coraggio e, vincendo successive resistenze, riusciva ad occupare stabilmente il margine di una posizione. Ferito, continuava a mantenere il comando della compagnia fino al termine del combattimento." - Oslavia, 27-29 novembre 1915
A proposito del ferimento occorsogli a Oslavia, il suo amico e collega capitano Alceste Mazzetta avrebbe così ricordato:
"Ricordo il novembre dell'anno scorso quando, sapendo il mio amico ferito ai ruderi di Oslavia, corsi a trovarlo. Era giorno di intenso bombardamento, forse il nemico preparava un attacco per riprenderci le posizioni. Trovai il povero Alberto che, zoppicando, percorreva la trincea più avanzata, teneva una mano appoggiata sulla coscia ferita, guardava sorridendo i suoi soldati come per dir loro: state tranquilli, è roba da niente, rimango qui con voi. I soldati, coi fucili a punta, rispondevano al loro Capitano con sguardi intelligenti che dicevano tutto l'affetto, la fiducia, la simpatia grande, la riconoscenza per il loro duce, che avrebbe potuto cedere il comando della compagnia e ritirarsi dal combattimento, ma preferiva soffrire pur di rimanere con loro. Sei stato ferito, Alberto? Gli chiesi. "Sì, caro Alceste, guarda (e mi mostrò la ferita). E' stata intelligente. C'è qui quel Cecchin" (e mi indicò un punto dell'antistante trincea nemica) "che oggi me ne ha già uccisi sei; non vuol vedere nessuno muoversi altrimenti spara e quasi sempre colpisce. Io ho avuto la mia; mi sono medicato alla meglio e rimango in linea fino a questa sera che devo avere il cambio". La stessa sera io con la 5^ compagnia davo il cambio alla 9^. Il povero Alberto zoppicò qualche giorno, guarì presto, non volle abbandonare il bel 74°."
Ristabilitosi, il capitano Pestalozza rimase dunque al comando della sua 9^ compagnia, con la quale trascorse il turno di riposo nella zona di Cormons, fino alla fine del mese di gennaio del 1916. Vivida testimonianza dello spirito che animava il giovane ufficiale è questo brano di lettera indirizzata ai suoi cari nel gennaio del 1916, prima di ritornare in linea:
"Miei carissimi, il vostro Alberto non conosce che una via, la via del dovere: non desidera che una cosa, l'onore per la propria famiglia, la grandezza e l'onore della Patria tanto cara a suo Papà ed a lui. Parto, augurando alle armi Italiane una grande vittoria, che conduca ad una pace lunga. Ricordatevi di me, seguitemi col pensiero. Ai parenti il mio saluto, a voi i miei baci, alla mia Italia il mio augurio. Vostro Berto"

Tornata in linea nel settore del "Lenzuolo bianco", presso Oslavia, la "Lombardia" si dedicò fino a marzo al presidio delle trincee e perlopiù a lavori difensivi. A metà marzo, la brigata eseguì un'azione dimostrativa nel settore del Sabotino, occupando alcuni elementi di trincea. A metà aprile tornò in zona di riposo, presso Santa Maria La Longa. Approfittando di questo momento di tranquillità, il dottor Pestalozza - padre del capitano - decise di raggiungere il figlio per ritrovarsi con lui, e passare finalmente qualche ora insieme: i due si accordarono quindi in modo da trovarsi a Palmanova la domenica 21 maggio, per passare una lieta giornata insieme. Il destino, però, li attendeva al varco. Lunedì 15 maggio 1916, infatti, si scatenò l'offensiva generale austriaca nel Trentino (Offensiva di Primavera o Strafexpedition). 

Situazione sulla fronte della Prima Armata (settore Altipiani) al 15 maggio 1915.

La situazione gravemente critica in cui l'esercito italiano si venne a trovare, nel giro di pochi giorni, impose il trasferimento di numerose unità dal fronte carsico al settore degli Altipiani. Tra queste, proprio la Brigata "Lombardia". Sabato 20 maggio, il capitano Pestalozza inviò dunque al padre un laconico telegramma:

"Sospendi tua partenza baci Alberto Pestalozza".
I due reggimenti della "Lombardia" arrivarono sull'Altipiano di Asiago il 23 maggio, e furono posti alle dipendenze della 34^ divisione. Lo stesso giorno, presago dei futuri avvenimenti, il capitano Pestalozza scrisse un'ultima cartolina al padre. Già il giorno successivo, 24 maggio, alla Brigata fu infatti ordinato di entrare in azione, operando nei giorni seguenti contro le posizioni di Monte Cucco di Portule, Monte Zoviello e Cima Dodici, sulle quali il nemico stava nel frattempo avanzando avanzato. Circa l'intervento della Brigata "Lombardia" nel settore dell'Altipiano di Asiago, conviene riportare il giudizio che ne avrebbe lasciato il gen. Pompilio Schiarini (in L'offensiva austriaca nel Trentino):
"In questo momento sull'altopiano di Asiago operavano in prima linea tre divisioni nemiche. A fronteggiarle non erano rimasti che i laceri avanzi della 34^ divisione. Ad essi si aggiunse in quei giorni la Brigata Lombardia (73° e 74°, gen. Bonaini), proveniente dall'Isonzo, con due piccoli battaglioni bersaglieri ciclisti, e più tardi il 153° e 154° (brigata Novara); ma anche questi rinforzi - accorsi in fretta, in non buone condizioni di equipaggiamento per la montagna e non orientati con l'occhio e con lo spirito a quell'aspro terreno - non furono in grado di mutare la situazione, assai oscura e pericolante."

 

Dettaglio schieramento della 34^ Divisione al 15 maggio 1916.

I bravi fanti della "Lombardia", in quelle circostanze così difficili, fecero però tutto quanto ci si poteva attendere da loro, e molto di più. Essi dovevano avere piena coscienza del momento di estremo pericolo in cui la Patria si trovava, e del fatto che anche dal loro comportamento sarebbe dipesa la tenuta del fronte degli Altipiani, e la salvezza della pianura veneta e lombarda. Con questo stato d'animo, nonostante i cattivi presupposti menzionati dal gen. Schiarini, la 9^ compagnia del 74° si apprestava alla battaglia. Essa era inquadrata nel III battaglione, al comando del maggiore Filiberto Paris, da Pinerolo. Accanto al capitano Pestalozza vi erano i suoi sei subalterni, tutti giovani sottotenenti: il s.ten. Giovanni Battista Aiuti, classe 1893, da Sezze (Roma); il s.ten. Adolfo Berti, da Foggia; il s.ten. Adolfo De Angelis, il s.ten. Orazio Lega, il s.ten. Luigi Pontieri e un altro di cui non è stato possibile accertare il nominativo [1]. L'obiettivo era quello di tentare un contrattacco fulmineo, per scacciare il nemico da alcune posizioni poste tra Cima Dodici (o Cima XII, più alta vetta delle Prealpi vicentine, a quota m 2336 slm)e il Monte Zoviello (m 1700 slm)[2]. La compagnia, così, si lanciò all'attacco e, dopo aspra lotta, riuscì ad occupare un fortino facendone prigionieri i difensori. Immediatamente, però, gli Austro-ungheresi tornarono in forza al contrattacco. Il combattimento del 25 maggio sarebbe stato così descritto:

"a Cima Dodici la 9^ compagnia del 74° mandata a contenere il temerario irrompere del nemico nelle agognate pianure nostre, dopo un'eroica resistenza di sette ore di aspro sanguinosissimo combattimento, tentato un supremo sforzo disperato, dovette cedere, sopraffatta dal formidabile pullulare dei nemici da ogni dove, lasciando arrossate le nevi dal latino sangue gentile, poiché di morti o di feriti era cosparso il suolo" [3]
. La 9^ compagnia, dunque, soccombette integralmente all'avversario: in particolare, si persero notizie di tutti gli ufficiali. Il capitano Pestalozza, insieme ai suoi colleghi, fu dichiarato disperso. Nei giorni successivi, però, iniziarono a giungere comunicazioni dai campi di prigionia austro-ungarici. Nella famiglia Pestalozza doveva, probabilmente, essere ancora viva la speranza che il loro Berto fosse vivo, ed in cattività. Purtroppo, nei giorni successivi il s.ten. G.B. Aiuti così scrisse a suo padre (che ne informò il dottor Pestalozza), dalla prigionia:
"il mio capitano [...] cadde ferito insieme con me; cademmo, insieme, però egli fu ferito alla testa perciò è morto; io fui ferito alla gamba, così spero di cavarmela con un po' d'ospedale". [4]
Ancora, il sottotenente Orazio Lega scrisse direttamente al dottor Pestalozza una lettera giuntagli il 17 luglio:
"Il 25 maggio fui preso prigionierio ed appena dietro le linee austriache trovai il cadavere del povero figlio suo sopra una barella portata da due portaferiti austriaci. Lo portarono dentro una baracca dove gli tolsi tutta la roba che aveva in tasca rilasciandone ricevuta a un portaferiti austriaco. [...]"
Il capitano, dunque, era morto combattendo. Circa l'andamento dell'azione generale dispiegata dalla Brigata "Lombardia", traiamo ancora dall'opera del gen. Schiarini:
"Due battaglioni del 74°, dopo una tenace difesa e molte perdite, ripiegano il 25 dalle pendici di Monte Caldiera su Monte Cucco delle Mandrielle; poi, in ordine, su Monte Zoviello, donde la sera stessa tentano di contrattaccare su Monte Cucco. Un attacco del 73°, diretto su Cima Undici, non riesce. [...] L'indomani, 26, la Brigata Lombardia è fatta segno ad un nuovo attacco. Il Monte Zoviello è perduto ed invano si combatte per riconquistarlo: le gravi perdite (fra cui quella del comandante il 74°, col. Guastoni) e la forza delle posizioni e delle artiglierie nemiche, non controbattute, arrestano l'attacco."
Nei giorni successivi, sempre combattendo strenuamente, la "Lombardia" ripiegò dapprima sulla linea Monte Zebio - Monte Colombara e poi, il 30 maggio, su quella Monte Valbella — Pennar. Nelle settimane successive, sarebbe fortunatamente iniziata una nuova fase della grande battaglia, grazie alla quale l'impeto degli attaccanti sarebbe stato arginato dalla truppe italiane. Il fallimento dell'offensiva generale austro-ungarica, se si concretizzò solo con il mese di giugno, fu dovuto anche al sacrificio delle truppe che si immolarono, pur infruttuosamente, a partire dalla seconda metà di maggio. Tra questi, proprio i baldi fanti della Brigata "Lombardia", ed in particolare il capitano Pestalozza, il s.ten. Aiuti, il magg. Paris (caduto in combattimento il 3 giugno) e lo stesso colonnello Carlo Guastoni, comandante del reggimento (caduto il 26 maggio sempre sul Monte Zoviello). Alla memoria del capitano Pestalozza fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con la seguente motivazione:
"Attaccò arditamente un fortino nemico riuscendo ad occuparlo ed a farne prigioniero il presidio. Contrattaccato, oppose accanita resistenza, finché, ridotto agli estremi mentre tentava di aprirsi un varco attraverso i nemici, colpito a morte, cadde da prode sul campo." - Monte Zurillo [rectius, Zoviello], 25 maggio 1916
La famiglia del bravo capitano - in particolare per opera del padre, dottor Francesco Pestalozza -, affranta dal dolore, trovò il modo di commemorare degnamente il loro Berto. Il 25 settembre 1916, furono organizzate solenni esequie in suo suffragio, con la partecipazione di un gran numero di autorità civili e militari, oltre che della popolazione della bella cittadina. In occasione del primo anniversario della morte del capitano, il 25 maggio 1917, sempre il padre fece inoltre pubblicare un prezioso opuscolo dal titolo "Lauri e cipressi", raccogliendo pensieri e scritti relativi al figlio, e dal quale sono tratte gran parte delle notizie riportate in questo contributo. Il dottor Pestalozza vi riportò in apertura una struggente dedica al figlio:
"ALBERTO MIO / CHE SULLA VIA DEL DOVERE / ARROSSATA DEL SANTO TUO SANGUE / ONORANDO LA FAMIGLIA LA PATRIA / CADESTI / NELL'ANELITO DI UNA GRANDE VITTORIA / A TE / QUESTO ONORE DI PIANTI".
In chiusura di questo contributo, riportiamo una breve composizione che il sott. Nino Bazzetta volle dedicare alla memoria del capitano Pestalozza:
"Madonna morte che dispensi la gloria / bruna sorella del conforto / che ravvivi nell'avvenire la storia / nelle funebri stele di nostra terra / scrivi col ferro temprato / il nome di ALBERTO PESTALOZZA / capitano di milizia italica/ spento sul campo / nel sacrificio propiziatore / ai vindici Iddii della patria / fior d'ogni arme nostra / irradiante luce d'esempio animatore / sulla giovane Italia pugnante. / O foresta del monte conteso / sulla tomba del prode stormente / il vento della vittoria / per valli e pianori redenti."

A cura di Niccolò F.

NOTE 

[1] Il dottor Pestalozza, nell'opuscolo commemorativo, afferma "di sei sottotenenti - non v'erano tenenti - cinque caddero più o meno gravemente feriti emulandosi nel prode compimento dell'aspro dovere". [2] Vi è incertezza sul luogo preciso in cui avvenne il combattimento, in considerazione del fatto che i resoconti parlano di "Cima Dodici", mentre il riassunto storico della Brigata "Lombardia", ed anche le motivazioni delle medaglie al valore, fanno appunto riferimento al "Monte Zoviello" (erroneamente denominato "Zurillo"). [3] Lettera dell'avv. Alfredo De Angelis, padre del s.ten. Adolfo, al dottor Pestalozza. [4] Questo stralcio e gli altri brani di lettere riportati in questo articolo sono tratti dall'opuscolo commemorativo "Lauri e cipressi" fatto pubblicare dal dottor Pestalozza in occasione del primo anniversario della morte del figlio, il 25 maggio 1917. 

 BIBLIOGRAFIA

 - AA. VV., L'Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), Vol. IIbis, Roma, Libreria dello Stato.
- Annuario Militare del Regno d'Italia, varie annate.

- Francesco Pestalozza, Lauri e cipressi - nel primo anniversario del capitano Alberto Pestalozza, Intra, 1917.
- Riassunti storici dei Corpi e Comandi, Vari Volumi, Roma, Libreria dello Stato.