Il volontarismo di guerra italiano (o volontariato militare) - dal Risorgimento alla Seconda guerra mondiale - può annoverare figure eccezionali, storie di coraggio spinto all'estremo, azioni eclatanti. Tuttavia, il significato fondamentale dell'essere un volontario di guerra risiede anzitutto nella libera scelta di arruolarsi ed essere pronto a combattere per la Patria, ad affrontare i più grandi sacrifici ed eroismi, quand'anche questi non si verifichino. La breve storia che qui vi raccontiamo, in effetti, ci pare esemplare di questo essenziale significato.
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Un paio di settimane fa, recandomi al Cimitero Maggiore di Como a visitare i miei cari prima di Natale, come al solito ho allungato il giro, passando in qualche zona per me ancora inesplorata del camposanto.
In una galleria sotterranea - peraltro in stato di vergognosa incuria, va detto - alzando lo sguardo ho intravisto una lapide, sporca e malmessa, ornata di un vecchio mazzetto di fiori finti, anneriti dal tempo. Attirato dall'epitaffio, mi sono concentrato sulla fotografia: è stato a quel punto che ho realizzato di riconoscere il volto che avevo di fronte. Lo avevo già visto su una fotografia, trovata in qualche mercatino almeno quindici anni fa.
Il capitano Grazioso Comolli in partenza per l'Africa. Spiccano i nastrini da reduce della Grande guerra. (coll. dell'A.) |
Scoprivo così il nome di questo capitano del Regio Esercito, un po' attempato, ma dallo sguardo fiero: Grazioso Comolli. Di lui tenteremo di raccontare qualcosa ai nostri lettori.
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Grazioso Comolli nacque a Laglio, splendido borgo del nostro bel Lago di Como, il 18 gennaio 1885. Era figlio di Antonio Comolli, di professione tagliapietre, e di Giovannina Sampietro. La famiglia abitava in frazione Soldino, posta all'ingresso del borgo - proprio dove tanti decenni dopo si sarebbe insediato un celebre divo holliwoodiano - ove Grazioso crebbe, di fronte alle acque lariane.
Provenendo da una famiglia alquanto umile, Grazioso, con grandi sacrifici, mise in piedi in piccolo esercizio commerciale, sempre nella sua Laglio. Questo gli consentì, nel novembre del 1911, di convolare a nozze con la signorina Adele Airoldi, di Menaggio, di condizione agiata e a sua volta figlia di negozianti.
Con lo scoppio della Grande Guerra, Comolli fu chiamato alle armi insieme alla classe 1885 ed assegnato all'arma di Fanteria. Benché non avesse particolari studi alle spalle, fu in seguito promosso al grado di aspirante ufficiale con anzianità dal 25 agosto 1916 ed assegnato all'11° reggimento Bersaglieri. Con anzianità 15 novembre 1917 fu poi promosso tenente, grado con il quale Comolli combatté fino al termine delle ostilità.
Congedatosi dal Regio Esercito, tornò sul Lario, spostandosi però nel capoluogo: a Como, in quegli anni tumultuosi del nostro complesso dopoguerra, vi era comunque una richezza alquanto diffusa e una certa richiesta di beni di lusso. Comolli, con ottima intuizione, decise allora di dedicarsi al commercio di automobili, che portò avanti con successo sino alla metà degli anni Trenta.
Si era, in quegli anni, nel momento di massima popolarità del regime fascista. Un periodo particolare della nostra storia, preludio di gravi tragedie, ma ancora caratterizzato da una forte spinta emotiva e da una forte compartecipazione ideale con le iniziative del regime. Non è questa la sede per analizzare il senso e l'utilità dell'avventura coloniale che l'Italia intraprese in quel frangente: è bene però sforzare di comprendere ciò che essa rappresentò per tanti Italiani, tra i quali il protagonista di questo articolo.
Grazioso Comolli, infatti, dovette vivere con grande entusiasmo i mesi a cavallo dell'estate del 1935 che videro la mobilitazione delle forze armate italiane in vista dell'impiego in Africa Orientale. Comolli, nel frattempo, nella primavera del 1935 - pur trovandosi in congedo - era stato promosso al grado di capitano .
Cartolina commemorativa della Divisione "Cosseria". |
Il capitano Comolli in uniforme coloniale. |
Lapide del cap. Comolli presso il Cimitero Maggiore di Como. |
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