Nel raccontare la vicenda umana e militare del giovane sottotenente milanese Antonio Depoli, abbiamo rievocato anche la figura del maggiore Romano Romani. In questo post, cercheremo di tratteggiarne un breve ritratto.
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Romano Romani nacque a Reggio nell'Emilia il 20 settembre del 1864. Era figlio dell'avv. Antonio Romani, possidente, e della signora Luigia Camurani, i quali gli imposero i nomi di Romano, Priamo, Mario. Nato nella centralissima Via Calcagni (attuale via Guido da Castello), dopo gli studi intraprese la carriera militare, venendo ammesso alla Scuola Militare di Modena. Da essa uscì nel 1883, diciannovenne, con i gradi da sottotenente. Assegnato all'arma di fanteria, di seguito prestò servizio presso reparti dislocati in varie località della Penisola. Nel 1887 fu mobilitato per l'Africa e dunque si trattenne in colonia fino all'anno successivo, quando fu rimpatriato. Probabilmente, è in tali circostanze che al Romani fu conferita una prima Medaglia d'Argento al Valor Militare, della quale non è purtroppo stato possibile reperire la motivazione [1].
Di seguito, Romani subì numerosi altri trasferimenti, da Lodi a Massa e poi a Pinerolo, ove - con il grado di capitano - fu inquadrato nel 90° reggimento fanteria sino al 1903. Insignito del cavalierato dell'Ordine della Corona d'Italia, nel 1910 fu poi promosso al grado di maggiore. Nel frattempo, fu assegnato al 65° reggimento della Brigata "Valtellina", con sede in Cremona. Il maggiore, tuttavia, insieme alla sua famiglia aveva nel frattempo preso domicilio a Lonato, in provincia di Brescia.
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Timbro con stemma e motto del 65° reggimento fanteria, da una cartolina (coll.d.A). |
Con il fatale 1915, Romano Romani fu, infine, promosso al grado di tenente colonnello, e gli fu affidato il comando del III Battaglione del 65° reggimento. Il comando del reggimento era nelle mani del colonnello Agenore Viganoni. In tale gravosa posizione, Romani si trovava dunque alla vigilia della dichiarazione di guerra con l'Austria-Ungheria.
La mobilitazione e l'arrivo in zona di guerra
Senza qui ritornare su argomenti già trattati in questo blog – per approfondimenti rimandiamo
all'articolo su Carlo Balestrero e a quello su
Antonio Depoli – ricorderemo solo che l'ordine di battaglia del Regio Esercito prevedeva che la
Brigata "Valtellina" costituisse, insieme alla
Brigata "Bergamo", la
7^ Divisione di linea. Questa era assegnata al VI Corpo d'Armata, a sua volta inquadrato nella Seconda Armata. Con il mese di maggio, secondo i piani di mobilitazione, la Brigata "Valtellina" fu trasferita verso il confine con l'Impero Austro-Ungarico.
Varcato il confine, il giorno 24 maggio, la brigata si schierò di fronte a quello che sarebbe stato l'obiettivo dei suoi sanguinosi sforzi per i due anni successivi: la piazzaforte di Tolmino. Di fronte alla cittadina di Tolmino, sulla riva occidentale dell'Isonzo, si ergevano infatti due modesti rilievi: il colle di Santa Maria (in sloveno, Mengore), e quello di Santa Lucia (in sloveno, Cvetjie).
Gli Austro-Ungheresi, consci dell'importanza strategica del luogo, avevano provveduto a fortificare, già ben prima dell'entrata in guerra dell'Italia, entrambi i rilievi.
La Brigata "Valtellina", dunque, raggiunse l'Judrio alla vigilia della dichiarazione di guerra. Il Comando della Seconda Armata, frattanto, aveva affidato al IV Corpo d'Armata il compito di agire su Tolmino. In quest'ottica, fu ordinato il concentramento della 7^ Divisione intorno al villaggio di Kambresco. Indi, all'alba del 4 giugno, dunque, la 7^ Divisione (Brigate "Bergamo" e "Valtellina") iniziò il proprio movimento offensivo: mentre la "Valtellina" svolgeva un attacco dimostrativo contro i villaggi di Canale e Bodrez, la "Bergamo" occupava il costone Cemponi-Krad Vhr, assumendo la fronte dalle pendici del Monte Jeza sino a Doblar.
L'azione, nel settore, riprese due settimane dopo, nel quadro della Prima battaglia dell'Isonzo. Alla 7^ Divisione, stavolta, era affidato il compito di sorvegliare la sponda destra dell'Isonzo in corrispondenza del Kolovrat, e, inoltre, di svolgere "azioni dimostrative" contro le alture di Santa Maria e Santa Lucia, per tenere impegnato il nemico. La preparazione d'artiglieria di svolse tra l'1 e il 2 di luglio, mentre l'attacco delle fanterie avvenne il giorno 4.
Tuttavia, lo slancio dei nostri fanti si arrestò contro le munite posizioni nemiche, e soltanto il II/66° riuscì, di sorpresa, ad occupare una trincea nemica sulle pendici nord-ovest di Santa Maria ed a mantenervisi, malgrado i contrattacchi avversari. Visto l'esito sfortunato di tale attacco, il comando della 7^ Divisione ordinò che anche la Brigata "Valtellina" riprendesse lo schieramento di partenza occupato prima del 4, dato che le posizioni nel frattempo raggiunte erano di difficilissimo mantenimento.
Le operazioni del mese d'agosto 1915
Per la restante parte del mese di luglio vi fu, nel settore, una sostanziale sospensione dell'attività. Il 4 agosto, tuttavia, il comando del IV Corpo d'Armata diramò alle proprie unità gli ordini per una nuova azione offensiva sulla propria fronte, che avrebbe avuto per obiettivi – ancora una volta - Tolmino e la conca di Plezzo.
L'attacco contro Tolmino, articolato su tre direttrici, avrebbe visto ancora una volta la 7^ Divisione (allora comandata dal magg. gen. Franzini) impegnata contro le alture di Santa Maria e Santa Lucia. A fronteggiare le truppe italiane stava la 50a Divisione austro-ungherese, e in particolare, tra l'Isonzo e Selo, l'8^ Brigata da Montagna A.U..
L'azione, concepita su "due movimenti", iniziò - contro l'obiettivo di Plezzo - la mattina del 12 agosto. Per l'azione contro Tolmino e le posizioni circostanti, si attese invece per altri due giorni, sino al giorno 14. In tale giornata, i reparti della "Valtellina" ritentarono l'attacco contro il colle di Santa Maria: l'operazione durò sino al giorno 16, vedendo l'avvicendamento in prima linea dei vari battaglioni del 65° reggimento. Il giorno 16 agosto, il ten. col. Romani si trovava con il proprio battaglione (III Btg./65) in riserva reggimentale. Fu in queste circostanze che egli ricevette dal colonnello Viganoni l'ordine di avanzare con una delle proprie compagnie sino alla prima linea, in rincalzo di altro battaglione - probabilmente il III, al comando del maggiore Benedetto Calabria. Tutta la linea, però, si trovava sotto un diluvio di fuoco d'artiglieria avversario.
Il tenente colonnello Romani, nell'eseguire quell'ordine, stava scrivendo l'ultimo capitolo della sua avventura umana. Quel che seguì ci viene restituito dalla motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare che fu conferita alla sua memoria:
"Avuto ordine dal comandante del reggimento, di fare avanzare una delle sue compagnie a rincalzo del battaglione di prima linea in posizione fortemente battuta dall'artiglieria nemica, personalmente condusse il reparto al posto stabilito, incorando col proprio coraggio i soldati che lo seguivano. Compiuta l'occupazione, una granata avversaria lo colpiva a morte." - Santa Maria di Tolmino, 16 agosto 1915.
L'azione della Brigata "Valtellina", purtroppo, consentì soltanto di avvicinarsi al primo ordine di reticolati. Il prezzo furono tante vite, di ufficiali e soldati di entrambi gli schieramenti.
Alla memoria di tutti loro, e in particolare del ten. col. Romani, vecchio ufficiale cinquantunenne, reduce d'Africa, dedichiamo questo nostro articolo.
NOTE
1. La medaglia è tuttavia menzionata sugli annuari militari, cfr. Annuario Militare del Regno d'Italia per l'anno 1913.
A cura di Niccolò F.
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