martedì 14 aprile 2015

Carlo Salvatore Fasola - un comasco a Monfalcone il 3 luglio del 1916


La figura del “fante contadino”, nell’immaginario collettivo, è associata perlopiù alle regioni meridionali d’Italia, o, quantomeno, alle aree del Paese tradizionalmente legate all’economia agricola. Potrebbe, perciò, parer curiosa, la vicenda di un contadino che, prima di lasciare la sua famiglia per vestire il grigioverde, abitava a pochi passi dal centro di Como. La guerra se lo sarebbe portato via: qui vi racconteremo la sua storia, breve e semplice. 

Carlo Salvatore Fasola, nato a Camerlata – frazione rurale posta su una collina appena a sud della città di Como - l’11 maggio del 1880, è l’ottavo di quattordici fratelli: il padre, Giacomo Fasola, è uno dei tanti mezzadri che lavorano le vaste proprietà agricole che si estendono sulle colline che dal capoluogo lariano portano al villaggio di Lora
È una vita molto dura, e un buon numero di braccia in casa è assai prezioso. I sei figli maschi, da principio, intraprendono tutti la via del lavoro nei campi, sebbene ciascuno, crescendo, prenderà la propria strada, finendo ad esercitare i mestieri più disparati. Salvatore, tuttavia, è l’unico maschio di casa Fasola che proseguirà la secolare tradizione famigliare, senza mai smettere di lavorare la terra, anche quando, col passare degli anni, si sarà trasferito in città. 
Carlo Salvatore Fasola, in una fotografia degli anni 1910-1915.
Nel 1900, ventenne, Salvatore Fasola è chiamato, coi suoi coscritti, alla visita di leva: tuttavia, la commissione medica gli riscontra il “gozzo”, una patologia piuttosto comune all’epoca nelle zone rurali lombarde, date le precarie condizioni igieniche, e causata in particolare dalla poca purezza dell’acqua. Salvatore è dunque “mandato rivedibile” per la leva successiva, e così avviene: nuovamente sottoposto alla visita, nel 1901, gli è nuovamente riscontrato il medesimo disturbo fisico. Tuttavia, invece di essere riformato, egli è, per la seconda volta, “mandato rivedibile” con la classe di leva successiva. Nel 1902, finalmente guarito, Salvatore è visitato per la terza volta dal consiglio di leva di Como: riconosciuto idoneo, è arruolato e iscritto nella 1a Categoria
Egli, tuttavia, in luogo dell’ordinaria ferma triennale, è ascritto allaferma di un anno”, da svolgere attraverso vari periodi di servizio scaglionati nel tempo. Negli anni successivi, Fasola, inquadrato nell’arma di fanteria, compie così il suo servizio militare, transitando presso vari reparti dislocati lungo la penisola. 

Nel 1903, quando si trova presso il 29° Reggimento Fanteria della Brigata “Pisa”, è così giudicato dal suo comandante di compagnia: “robustezza, molta. Condotta in servizio e fuori, ottima. Cura dell’arredo ed istruzione militare, sufficiente”. Da queste note, si scopre anche che Salvatore Fasola sa leggere e scrivere” perché “ha frequentato la 2a elementare”. Egli risulta poi “ascritto alla 1a classe di tiro”, il che lo qualifica come particolarmente abile nell’uso del fucile. Nel 1913, richiamato in servizio “per istruzione” presso il deposito del 67° Reggimento Fanteria, di stanza a Como dal 1908, Fasola è visitato dalla commissione medica, e gli è riscontrata una “cicatrice sul dorso del piede sinistro ostacolante l’uso della calzatura militare”: pertanto, è giudicato inabile al servizio militare e proposto per la visita di rassegna. L’11 agosto, viene a tal fine inviato presso l’Ospedale Militare di Milano. Tuttavia, il parere della commissione medica è differente da quello dei medici reggimentali: “di robusta costituzione fisica, senza difetti apprezzabili, […] si giudica idoneo al servizio militare”. Sfuma dunque per lui l’occasione per essere riformato. 

Nella primavera del 1915, in attuazione della mobilitazione generale del Regio Esercito, numerose classi e categorie di leva sono richiamate dal congedo. Nel volgere di pochi mesi, sono richiamati alle armi tre dei sei fratelli Fasola: Mario (nato nel 1889), Ercole (classe 1887, bisnonno di chi scrive) e Lorenzo (classe 1885). Carlo Salvatore, in quel momento, ha trentacinque anni, una moglie, Lucia Taroni, e una figlia di quattro anni, la piccola Carolina, chiamata così in ricordo della nonna paterna. Per l’epoca, è un “signore, e probabilmente guarda con apprensione al richiamo dei suoi fratelli, ma forse, contagiato dall’illusione della guerra breve, non considera l’evenienza di esserne anch’egli coinvolto. Tuttavia, con l’autunno, arriva l’ora di partire anche per il fratello Giuseppe (nato nel 1882) sinché, in ottobre, è richiamata anche la prima categoria della classe del 1880. Il giorno 24 ottobre del 1915, Carlo Salvatore Fasola lascia la sua casa e la sua piccola famiglia, e si reca presso il Distretto Militare di Como.  

Qui giunto, è assegnato al 21° Reggimento Fanteria della Brigata “Cremona” che ha sede, in tempo di pace, alla Spezia. Fasola, raggiunto il deposito reggimentale, vi trascorre le settimane successive finché, alla fine del mese di novembre, è aggregato al battaglione di marcia del reparto, e inviato in linea.

Sin dai primi giorni di guerra, la Brigata “Cremona” è schierata nella zona di Bassano del Grappa, ove rimane, alle dipendenze della 16a Divisione, fino al mese di luglio del 1915. 
In agosto, è trasferita sul fronte della III Armata, nei pressi di Monfalcone, ove alterna i suoi battaglioni tra la prima e la seconda linea, fino all’autunno. Allo scoppio della Terza Battaglia dell’Isonzo (18 ottobre – 4 novembre), alla brigata è affidato il compito di attaccare le alture di Monfalcone, ovvero le Quote 121, 85 e 77. Il giorno 21, i reggimenti si lanciano all’assalto delle quote, ma il vigore dei fanti della “Cremona” non riesce ad avere la meglio sui difensori, e gli italiani sono costretti a ripiegare sulle posizioni di partenza. Le perdite subite solo in queste giornate di combattimenti ammontano a 2500 uomini di truppa e 86 ufficiali fuori combattimento. La brigata, dopo questo immane sforzo, svolge azioni dimostrative fino a fine mese, quando viene inviata nelle retrovie per riordinarsi. A metà novembre è trasferita nel settore di Castelnuovo, ove consegue brillanti risultati contro il munitissimo sistema difensivo della Sella di San Martino.  

A fine novembre del 1915, il 21° Reggimento Fanteria, dissanguato dalle offensive sostenute appunto durante la Terza Battaglia dell’Isonzo, è in attesa di complementi, che gli giungono, in parte, durante la prima settimana di dicembre. Il giorno 3, dopo un estenuante viaggio in tradotta, Salvatore Fasola giunge appunto “in territorio dichiarato in istato di guerra. Il 13 dicembre, la brigata viene trasferita ad Aquileia, e da lì nel settore del Monte Sei Busi, ove trascorre la fine dell’anno. In gennaio, i reggimenti 21° e 22° eseguono, in alternanza, duri turni di trincea sulla fronte del Monte Sei Busi (quota 111) e delle famigerate Cave di Selz, rimanendovi sino al mese di marzo. Alla fine di aprile, la Brigata “Cremona” torna, nuovamente, nel fatale settore di Monfalcone, luogo a cui essa legherà le sue sorti e il suo nome 

I reggimenti si schierano dunque nel tratto di linea tra Quota 61, la Rocca e Quota 98, e si impegnano nei consueti, logoranti turni di trincea. All’alba del 15 maggio, gli Austriaci, con uno spavaldo attacco di sorpresa, riescono ad occupare le trincee di Quota 12 e di Adria, presidiate da squadroni della 4a Divisione di Cavalleria appiedata: il reggimento Nizza Cavalleria e un battaglione del 22° Reggimento Fanteria sono lanciati al contrattacco e riescono ad arrestare l’avanzata nemica, scacciando le truppe imperiali dalle trincee appena conquistate. Con un nuovo attacco sul tratto fra Quota 93 e la ferrovia, gli Austro-Ungheresi, nel pomeriggio, si impadroniscono di altri elementi di trincea, che vengono però - seppur solo in parte - rapidamente riconquistati da reparti delle Brigate “Cremona” e “Napoli” (75° e 76° Regg. Fanteria), che riescono ad arrestare l’avanzata del nemico. Le settimane seguenti vedono un periodo di drammatico stallo, con una linea del fronte profondamente frammentata e confusa, che non può che rendere la situazione ancora p difficile

Un mese dopo, mentre sono in pieno svolgimento, sulla fronte trentina, le operazioni di contrasto all'Offensiva di Primavera (o Strafexpedition) lanciata dall'esercito imperial-regio, il Comando della Terza Armata, secondo le direttive pervenutegli dal Comando Supremo, decide di tornare all'azione, con una nuova offensiva nel settore di Monfalcone, affidata al VII Corpo d'Armata (Div. 14^ e 16^). Le operazioni sono affidate alla 14^ Divisione (Brigate di fanteria "Napoli" e "Cremona" e VII Brigata di cavalleria appiedata) sulla destra, nella zona della palude del Lisert, e sulla sinistra, sulla fronte di Selz, alla 16^ Divisione.
Il 15 giugno, dunque, viene ripresa l’azione con l'obiettivo di riconquistare completamente le posizioni perse in maggio ed ancora occupate dagli Austro-Ungheresi. Lo stesso giorno, reparti del Nizza Cavalleria e del 22° Regg. Fanteria riescono a conquistare le trincee di Quota 12. 
L’azione più importante si svolge però il giorno 28, quando, con una fulminea irruzione nelle posizioni austriache, la Brigata “Cremona” riesce a riconquistare completamente la martoriata “Trincea del Tamburo”, che unisce la quota 98 alla quota 121, e che è già stata in parte rioccupata dai reparti della brigata “Napoli”. A fronte di questo successo, i comandi scelgono di proseguire le operazioni offensive, per cercare di sfruttare i progressi tattici e la temporanea disorganizzazione del nemico: perciò, sono ordinati nuovi attacchi, con l’obiettivo di espugnare le scoscese posizioni di Quota 85 e Quota 121.

La sera del 3 luglio 1916, la Brigata “Cremona”, con un caparbio sbalzo, riesce ad impossessarsi di entrambe le alture. Il soldato Salvatore Fasola, inquadrato nella 2a compagnia del I battaglione del 21° Reggimento, si ritrova dunque coi suoi compagni d'arme sulla brulla sommità della Quota 85, pressoché del tutto priva di apprestamenti difensivi che possano servire da riparo nei confronti degli attesi contrattacchi delle truppe imperiali. Difatti, proprio approfittando delle scarsissime difese sulle quali possono contare gli Italiani, la reazione nemica non si fa attendere, e un vigoroso contrattacco si scatena contro i nostri fanti nel volgere della stessa serata: prima di subire l'assalto delle fanterie imperiali, i nostri soldati, come di consueto, sono bersagliati dal tiro delle artiglierie nemiche. 

Tuttavia, quella sera, i soldati italiani debbono lottare anche contro un nemico nuovo, per loro ancora quasi sconosciuto ma tremendamente insidioso: i gas asfissianti. La nuova arma chimica ha fatto il suo debutto, sul fronte italo-austriaco, solo quattro giorni prima, il 29 giugno, nel settore del Monte San Michele. In quell'occasione, il gas ha sorpreso le truppe italiane nel sonno, facendone strage. 
La sera del 3 luglio, invece, i nostri fanti sono ben vigili, ed è anche probabile che indossino le maschere anti-gas individuali le quali, tuttavia, sono tecnologicamente inadeguate, offrendo minima protezione dagli agenti chimici. D'altro canto, la miscela di cloro e fosgene utilizzata dagli Austro-Ungheresi in quell'estate del 1916 ha un micidiale effetto asfissiante: la sera del 3 luglio ne faranno le spese i prodi fanti della "Cremona"
Dopo una lotta violentissima, il 22° Reggimento è costretto ad abbandonare la Quota 121. Ma i fanti del 21°, attestati sulla Quota 85, pur intossicati dai gas e battuti dall'artiglieria, non cedono: l’attacco nemico fallisce, e la quota rimane in mano italiana [1]. 

Per mantenere il tricolore su quella piccola collina sassosa, il prezzo è di oltre ottocento uomini fuori combattimento, tra i quali oltre una cinquantina di caduti del solo 21° Reggimento. Cadono anche numerosissimi ufficiali, tra i quali il comandante del I battaglione, il maggiore cav. Ernesto Pallotta [2]. E sul terreno, rimane anche il soldato Carlo Salvatore Fasola. 
Nel verbale, stilato dal capitano Levi, comandante la 2a compagnia, in cui si registra la morte del fante comasco, si riporta che questi è “deceduto in seguito a ferita di proiettile di fucile e ad asfissia”: ciò rivela che Fasola, pur già intossicato dai gas venefici, è riuscito a resistere e, senza perdersi d’animo, ha continuato a sparare sul nemico, soccombendo, infine, solo dopo essere stato colpito da una fucilata letale. Una ricostruzione che pare collimare precisamente con la descrizione dei suoi ultimi istanti, immortalata dalla motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare che sarà concessa alla sua memoria. 
Con pochi commilitoni improvvisò un trinceramento, respingendo impavido gli attacchi furiosi del nemico e incitando i suoi compagni con la parola e con l’esempio, finché cadde ferito a morte." - Monfalcone, 3 luglio 1916. 
Il libretto per la riscossione della "Pensione privilegiata di Guerra", con il soprassoldo previsto per i congiunti dei decorati al Valor Militare, appartenuto alla moglie e poi alla figlia di Salvatore Fasola.
La circostanza dell'utilizzo massiccio dei gas anche nell'azione del 3 luglio è ulteriormente testimoniata anche dalla motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare concessa alla memoria del già citato magg. Pallotta, che recita:
"Alla testa di due compagnie del proprio battaglione, si lanciava arditamente sulla destra di una posizione conquistata, sgominando il nemico che minacciava il fianco di nostri reparti che avevano già oltrepassata la linea avversaria. Mentre poi incitava i soldati a resistere all'azione deleteria dei gas asfissianti, veniva colpito a morte." - Monfalcone, 3 luglio 1916.
Cartolina commemorativa (serie "I nostri Eroi") dedicata al magg. Ernesto Pallotta, MAVM alla memoria.
Non è noto il luogo esatto ove le spoglie del soldato Fasola sono inizialmente inumate: si tratta assai probabilmente di uno dei tanti cimiteri di guerra del monfalconese, che alla fine degli Anni Trenta saranno dismessi e concentrati presso il nuovo Sacrario monumentale di Redipuglia
Negli Anni Settanta, il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti in Guerra, interrogato in proposito dalla figlia di Fasola, risponderà che i resti del padre “sono probabilmente conservate presso il Sacrario di Redipuglia, tra gli ignoti”. Più di recente, il Ministero della Difesa, tramite il database informatico accessibile dal proprio sito internet, ha indicato espressamente il medesimo sacrario come luogo di sepoltura del Fasola.
Dettaglio della lapide commemorativa posta presso la basilica del S.S. Crocifisso di Como, in ricordo dei parrocchiani caduti.
Lapide dedicata ai caduti della frazione di Lora (CO), luogo di origine e di domicilio della famiglia Fasola (foto gentilmente concessa dal nostro amico Edoardo Visconti).

Il municipio di Como, per onorare la memoria del suo fante contadino, gli intitolerà, negli Anni Venti, un’aula della Scuola Elementare “Nazario Sauro”, in via Perti. La sua unica figlia, Carolina, dopo aver perso anche la madre nel 1923, sarà però destinata a un’esistenza assai longeva: si spegnerà infatti, quasi centenaria, nell'autunno del 2010.

A cura di Niccolò F.

NOTE
[1] Sono altresì catturati oltre 350 prigionieri. L'Esercito italiano nella grande guerra 1915-1918, vol. III, tomo 2, pag. 300.
[2] Il maggiore Ernesto Pallotta era nato a Bojano, in provincia di Campobasso, nel 1873.

BIBLIOGRAFIA
  • Documentazione anagrafica e matricolare tratta dall'archivio personale e famigliare dell'Autore.
  • L'Esercito italiano nella grande guerra 1915-1918, vol. III, tomo 2.
  • Riassunti storici dei corpi e comandi nella guerra 1915-1918. Brigate di Fanteria, Vol. 2, Edizioni Ufficio Storico, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Roma, 1928.
  • Caduti di Como nella Grande Guerra - Battesimo delle Aule Scolastiche, a cura del Comune di Como, 1929.
  • Albo d'Oro dei Decorati della provincia di Como, a cura dell'Istituto del Nastro Azzurro - Federazione di Como.

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